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Full text of "La novella provenzale del Pappagallo (Arnaut de Carcasses) : memoria..."

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PC 

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1901 

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PRESENTED  TO 

THE    LIBRARY 

BY 
PROFESSOR  MILTON  A.  BUCHANAN 

OF  THE 
DEPARTMENT  OF  ITALIAN   AND  SPANISH 

1906-1946 


Digitized  by  the  Internet  Archive 

in  2011  with  funding  from 

University  of  Toronto 


http://www.archive.org/details/lanovellaprovenzOOsavi 


,A  NOVELLA  PROVENZALE  DEL  PAPPAGALLO 

(ARNAUT  DE  CAROASSES) 


MEMORIA 

LETTA     ALLA    R.    ACCADEMIA    DI    ARCHEOLOGIA,    LETTERE    E    BELLE    ARTI 

NELLA    TORNATA    DEL    19    MARZO    1901 

DAL    PROFESSORE 

PAOLO   SAVJ-LOPEZ 


NAPOLI 

STAB.  TIPOGRAFICO   DELLA   R.    UNIVERSITÀ 

A.    TESSITORE    E    FIGLIO 
1901 


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LA  NOVELLA  PROVENZALE  DEL  PAPPAGALLO 

(ARNAUT  DE  CARCASSES) 


MEMORIA 

LETTA    ALIA    R.    ACCADEMIA    DI     ARCHEOLOGIA,    LETTERE    E    BEI  [E    ARTI 
NELLA    TORNATA     DEL     19    MARZO     1901 

DAL    PROFESSORE 

PAOLO   SAVJ-LOPEZ 


486054 


NAPOLI 

STAB.  TIPOGRAFICO  DELLA   R.    UNIVERSITÀ 

A.    TESSITORE    E    «CI  IO 
!f)OI 


(Estratto  dagli  Atti  dell'Accademia  di  Archeologia,  Lettere  e  Belle  Arti,  Voi.  XXI) 


*  «Mfc****************** **************** t***************** 

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La  novella  provenzale  del  pappagallo  messaggiero  d'amore 
è  nota  in  due  redazioni  profondamente  diverse:  l'una  del  cànzo 
niere  parigino  R  [fr.  £2543,  e.  143],  pubblicata  prima,  in  parte, 
dal  Raynouard  ,  poi  ripetutamente  dal  Bartsch  1);  l'altra  del  fio 
rentino  J  [Bibl.  Naz.,  F.  4,776,  e.  11  r.|  fatta  conoscere  da  E. 
Stengel  nella  notizia  ch'egli  diede,  molti  anni  or  sono,  di  quel 
canzoniere  2),  del  quale  io  medesimo  darò  prossimamente  1'  edi- 
zione  completa  3).  Frammenti  della  novella  si  leggono  altrove: 
i  primi  centoventicinque  versi  nell'ambrosiano  G  |R  71  snp.,  e. 
1^7  v.  |  ;  una  cinquantina  di  versi  -  non  è  possibile  precisar  me- 
glio, perchè  i  versi  scritti  di  seguito  come  prosa,  situo  qua  e  là 
arruffati  da  non  potersi  distinguere  -  nel  ms.  riccardiano  2756, 
all'ultimo  foglio;  tutta  la  fine,  a  cominciare  dal  verso  Eu  amanz 
iur  '•  promet  a  vos,  nell1  Estense  I>  [e.   216  r.l  -1).  Di  questi,  il 

L)  Raynouard,  Choix,  II,  275  sgg.  Questa  stampa  frammentaria  riprodusse  il 
Galvani.  —  Bartsch,  LeseLuch,  25  sgg.  ;  Chrest,  V  ed.,  259  sgg. 

2    Rivista  di  filologia  romanza,  I,  36 

'.'>)  Negli  Studj  di  filologia  romanza. 

I)  È  il  n.  779  nell'indice  del  Mossafia,  Del  codia  esteme  di  rum-  provenza- 
li, Vienna,  1767,  •■  vien  dopo  il  retoro  'li  Pietro  'li  Corbiac.  Il  Sachs  (Le  Trétor 
di   Pierre  de  Corbiac,  Brandebourg   1859,  2   edition  augmentée)  parlando  di  que- 


-  4  - 

solo  frammento  riccardiano  ha  visto  la  luce  per  opera  del  Wesse 
l«iivki   li,   ed  è  il  meno  importante   per  la  brevità  sua  e  per  la 
scorrezione  del  testo  ;  ma  quella  pubblicazione  suggerì  ad  un  al 
ii-,.  erudito  'li    raccogliere  le  varianti  de'    frammenti  Q  e  i>,   col 
proposito  ili  mettere   innanzi  il  materiale   completo   per  un    testo 
critico,  ohe  nessuno  fin  oggi  ha  dato  a'  nostri  studi  2).  Contem 
poraneamente  il  Bartsch  tentava  un  primo   disegno  'li  classifica 
zione    schematica  dei  manoscritti  3).  Ma  ai  frammenti   finora  in- 
dicati posso  aggiungere  un  altro  del  medesimo  codice  ambrosiano 
gii  citato,  corrispondente  per  estensione  al  modenese  :  frammento 
che  la  seguito  all'epistola   'li  Arnaui  '!<•  Marueilh  Domna  genser 
qit'  eu  no  sai  dir  |  e.  120  r.  |  e  che  sebbene  edito  da  lunghi  anni 
.■  sfuggito  a  quanti  s'occuparono  della  novella  4). 

Riprendendo  in  esame  il  materiale  che  mi  auguro,  questa  voi 
ta,  completo  per  davvero,  mi  propongo  di   tentare  una   ricostru 

/ione   critica    del    lesto.    Ma    prima     'li     giungervi,    è    necessario    ri 

solvere  una  questione  che  altri  ha  già  dibattuta,  e  dibattuta  in- 
vano: se  cioè  il  testo  più  ampio  (li  li,  dov'  è  anche  il  nome  del- 
l' autore  Arnaut  de  Carcasses,  sia  l'originario  come  pretendeva  il 


sto  poema  nell'Estense  .lice  che  «  il  est  suivi  ....  par  une  chanson  adi-essée  à  la 

Saint.-  Vierge,  dont  Millol  parie,  et  qui  est  mèlée  a  d'autres  chansons  du  ìnême  au- 
leur  dana  le  Ms.  du  Vatican  :îl?04  selon  l'autorità  de  Grescimbeni  et  de  Basterò  ». 
Ora  la  pretesa  canzone  alla  Vergine  che  segue  in  I)  il  Thesaurum,  è  invece  il  no- 
stro frammento.  Si  tratta  semplicemente  di  un  errore  dal  Sachs  ;  né  il  Millot  (Hist. 
liti,  des  Trotifj.,  Tome  III,  Paris  1774,  pag.  233  )  né  il  Grkscimbeni  (  Le  vile  dei 
;)('(<  celebri  poeti  prov.,  Roma,  L722,  pag.  2131  né  il  Basterò  (La  Crusca  prov.f 
voi.  I,  Roma  1724,  pag.  91)  parlando  di  quella  canzone  sacra  la  fanno  seguire  al 
Thesaurum  in  D.  Bensì  il  Galvani  (Ossero,  sulla  poesia  dei  Proo.,  Modena  1829 
pag.  321  ,  scrive  che  nell'Estense  è-  questo  poema  «  insieme  con  una  canzone  alla 
Vergine  dello  stesso  poeta  »,  la  quale  infatti   vi  si  trova. 

1)  Romania,  VII,  327  sgg. 

2)  Max  von  Napolski,  nella  Zeitschrift  /'tir  rom.  Phil.,  II,  498-99. 

3)  Ibid.,  p.  499  sgg. 

4)  Archiv  /'ûr  das  Studium  der  neueren  Sprachen  u.  Lit.,  hg.  von  L.  Herrig,  35 
Band,  1864,  p.   105. 


Bartsch  1),  o  se  non  sia  invoco  tale  il  più  semplice  racconto  'li  J, 
secondo  ha  sostenuto  lo  Stengel  2),  dove  quel  ninne  uon  appare. 
E  nemmeno  il  contenuto  della  novella  è  stato  fin  oggi,  per  quanto 
iu  sappia,  l'oggetto  ili  una  speciale  indagine:  tanto  che  nell'antico 
breve  giudizio  del  Bartsch,  del  quale  ci  occuperemo  in  seguito  •'!), 
conveniva  senz'altro  anche  il  più  recente  storico  della  letteratura 
provenzale  4).  Tua  tale  indagine  potrebbe  spianar  la  via  a  risol 
vere  il  problema  della  doppia  redazione;  ecco  perchè  innanzi  di 
venire  alla  ricostruzione  del  testo,  dovrò  indugiarmi  ili  proposito 
Bull'  origine  e  sul  contenuto  della  novella.  E  voglio  render  qui 
le  maggiori  grazie  al  mio  illustre  dirett  »re  n>'l  Seminario  ili  Fi- 
lologia Romanza  all'  Università  'li  Strasburgo,  Gustavo  Gròber,  il 
quale  per  il  mio  lavoro  mi  è  stato  largo  ili  suggerimenti  e  'li  con- 
sigli preziosi. 

Le  due  redazioni  sono  concordi  nel  contenuto,  salvo  le  mi- 
nori varianti,  fino  al  v.  124  ili  .1  cui  corrisponde  il  v.  129  ili  R. 
11  poeta  finge  d'  aver  udito  un  pappagallo  contendere,  nel  modo 
che  dirà,  in  un  verziere  chiuso,  all'ombra  'li  un  lauro.  Venuto  in- 
nanzi ad  una  donna,  la  saluta  e  s'annunzia  messaggiero  del  mi 
glior  cavaliere  che  mai  l'ossi',  Antifanor,  il  figlio  del  re,  che  già 
per  lei  ha  bandito  un  torneo.  Egli  la  manda  a  prosar  d' amoro, 
che  non  può  vivere  senza  ili  lei.  La  donna  si  mostra  offesa  -  ella 
che  mai  non  ha  concesso  amore  ad  alcuno  !- e  si  maraviglia  che 
un  -i  cortese  uccello  osi  parlarle  in  tal  modo;  ma  intanto  lo 
vede  così  amabile  che  gli  consente  'li  continuare!  Ed  il  pap- 
pagallo, rispondendo,  si  maraviglia  a  sua  volta  ch'ella  non  voglia 
amare.-  lo  amo  mio  marito  —  soggiunge  la  donna.  -  Ma  non  è 
punto  ragione  che  il  marito  sia  padrone  'li  tutto  -  ribatte  l'altro, 
e  la  Jonna  comincia  a  trovare  che  s'ei  l'osse  cavaliere,  bene    sa 

li  /..  ..  p.  500-501. 
vi  /..  i .  i'.  36. 
;!)  Qrundrùi,  p.  21. 

i    STIMMINO,  in  Qrundriu  '/"■  rn,„.  l'I, il,  bg.   von  G.  Gkò'ber,  II  li.,  2  Al>t., 
1893,  pag.  13. 


-    ti    - 

prebbe  vincere  i  cuori  femminili!  tuttavia  non  si  piega  ancora  a 
tradire  il  marito  cui  ha  promesso  fede,  <•  quando  il  pappagallo 
insinua  che  «  la  volontà  segue  il  talento,  -  Appunto,  ella  risp  in 
de,  io  amo  mio  marito  più  d'ogni  cosa  al  mondo.  -  E  amatelo,  come 

;  ma  abbiate  pur  mercè  'li  chi    muore  amandovi:    non 

vi  sovviene  'li  Biancofiore  d'Isotta  ili  Tisbe Î  —  Il  dio  d'amore  si 
vendicherà  'li  lei,  ed  egli  Btesso  andrà  dicendone  tutto  il  male  che 
potrà.  A  questo  la  donna  è  vinta  dal  parlar  gentile,  e  si  dichia 
i,i  presta  ad  amar  fedelmente  Antifanor,  dal  quale  non  vorrà  mai 
partirsi  :  in  R  consegna  al  pappagallo  un  anello  da  recargli  in 
dono  con  un  cordone  d'oro.  Così  si  separano,  ed  il  messaggiero 
esce  giocondo  dal  verziere  per  narrar  l'impresa  fortunata  al  pa- 
drone. -  Giammai  -  egli  esclama  -  vivrà  un  tal  pappagallo,  che 
tanto  s'adopri  per  il  suo  signore  !  - 

A  questo  punto  cominciano  a  discostarsi  in  rutto,  l'ima  dal- 
l'altra, li-  'lui-  redazioni.  Secondo  J,  molto  più  semplice,  il  pappa- 
gallo consiglia  ad  Antifanor  di  raggiunger  la  dama  nel  giardino;  que- 
gli va  senz'altro,  e  la  sua  nuova  amica  lo  fa  sedere  presso  <li  sé, 
pei-  dirgli  '-Ih'  l'eloquenza  del  pappagallo  l'ha  persuasa  ad  amarlo 
ed  a  far  il  suo  volere:  soltanto  gli  chiede  innanzi  una  promessa 
,li  fede.  I."  amante  protesta  il  suo  amore  e  si  dichiara  pronto 
a  tutti  i  giuramenti  :  ma  '/\;\  la  dama  vedendolo  «-osi  cortese,  s.-i 
vio  e  prode,  gli  s'abbandona  'ses  tot  iurar',  finché  ricompare  il 
pappagallo  ad  annunziar,  come  l'amico  delle  albe,  l'arrivo  del  ma- 
rito. Allora  gli  amanti  debbono  separarsi,  non  senza  die  la  dama 
assicuri  il  cavaliere  ili  volerlo  richiamare  a  se  appena  sarà  pos- 
sibile ;  ma  prima  di  partire  Antifanor  fa  una  lunghissima  profes- 
sione di  ledi-  amorosa,  prestando  anche  quel  giuramento  sui  quat- 
tro evangeli,  da  cui  era  stato  dispensato. 

In  R  invece  il  pappagallo  ila  conto  della  sua  missione,  e  pre- 
senta ad  Antifanor  1'  anello  della  dama,  con  le  assicurazioni  del- 
l'amore guadagnato.  Ma  come  entrare  nel  giardino  ?  Bisognerà 
distoglier  l'attenzione  de'  servi  appiccando  il  fuoco  alla  t  >rre  ed 
al  solaio,  suggerisce  l'avveduto  messaggiero  :  allora  sarà  possibi- 
le raggiungere  la  dama  rimasta  sola  in  giardino.  Per  voler  del 
signore,  il  pappagallo  ritorna  ancora  a  lei  che  trova,  questa  voi- 


-  T  - 

va  ,  siittn  un  pino  ,  ed  in  suo  linguaggio  la  saluta  ,  e  le  rinnova 
l'invito  all'amore;  ella  è  ben  presta,  ma  non  sa  come  l'amante 
possa  vincer  1'  ostacolo  del  giardino  chiuso  e  delle  guardie  ve 
glianti  lino  al  mattino.  Allora  il  pappagallo  propone  a  lei  la  sua 
trovata  :  egli  condurrà  Antifanor  a  pie  del  munì,  e  poi  col  fuoco 
appiccherà  1'  incendio,,  cosi  mentre  tutti  correranno  a  spegnerlo 
ella  farà  entrare  ramante  nel  giardino  solitario.  La  'lama  accel 
ta  :  il  pappagallo  corre  da  Antifanor,  e  lo  trova  che  attende  ar- 
mato 'li  tutte  armi  a  cavallo  ;  si  fa  procurar  da  lui  il  fuoco  gre- 
co che  si  lega  a'  piedi  in  un  piccolo  recipiente  ili  metallo,  e  van- 
no insieme  tin  presso  la  torre  a  cui  vegliano  le  guardie.  Qui  la- 
scia Antifanor  cavallo  ed  armi,  fuor  che  la  spaila,  e  vien  solo  a 
pie  del  muro,  mentre  il  suo  compagno  vola  ad  avvertir  la  dama 
nel  verziere  ,  che  gli  consegna  le  chiavi  del  castello  ,  per  darvi 
l'incendio.  Da  quattro  parti  si  levano  le  fiamme  e  tutti  gridano  al 
fuoco  ;  intanto  la  porta  vien  aperta,  e  Antifanor  si  gode  con  l'ami- 
ca il  nuovo  amore  a  pie  d'un  lauro:  né  uomo  saprebbe  contare  il 
diletto  che  fu  tra  di  loro.  Ma  il  fuoco  non  tarda  a  venire  estin- 
to, e  allora  il  pappagallo,  mezzo  morto  di  terrore  per  la  sorte  del 

padrone,  corre  a  posarsi  preSSO  quel  letto  campestre,  e  fa  levare 
gli  amanti.  Col  cuore  smarrito,  Antifanor  prima  di  partire  vuole 
dalla    dama,    cavallerescamente,    un    comando   amoroso,   ed    ella    gli 

ordina  di  essere  in  questa  vita  prode  a  tutto  suo  potere.  Tre  baci 

.incora,   e   Antifanor  si   diparte  da    lei. 

So  dia  n'  Arnautz  ilo  Carcasses 
que  preex  a  faitz  per  inantas  res 
e  poi'  los  maritz  castiar 
qui'  volo  lors  molhers  garar, 
que-ls  laissen  a  lui-  pes  anar, 

que  may  valra 

e  ja  degus  mi  y  fattura. 

|)i    questa    redazione   scrisse    prima    il    Raynouard    1),   essendo 
ignota  ancora  quella  di  .!,  che  «  l'esprit  brillane  de  la  eh  e  valer  ie 

1}  Choix,  II,  275. 


-    8    - 

-rullili'  Ha  confondre  avee  !<•  goûl  anacréontique  el  tea  flctions  extra 
ites  ile  l'Orienl  »,  In  seguito  il  Bartsch  notò  ohe  «  nach  «leni 
j»rieohÌ8ch  klingenden  Namen  »  'li  Antifanor  si  poteva  credere  il 
poemetto  derivato  da  una  Inule  greca;  al  che  i1  accordavano  la 
menzio ìhe  vi  si  fa  del  fuoco  greco,  e  la  parte  stessa  del  pap- 
pagallo li.  Che  tale  fosse  l'origine,  ha  ripetuto  da  ultimo  anche 
lo  Stimming  2)  ;  e  forse  pensarono  tutti  alla  colomba  che  \na 
Creonte  invia  messaggiera  a   Batillo  3). 

Ma  più  che  affermazioni,  questi  sono  sospetti;  e  chi  volesse 
dar  loro  una  forma  più  precisa,  Unirebbe  col  trovarsi  impacciato. 
La  letteratura  greca  non  ci  'là  nessun  racconto  che  noi  possiamo 
ravvicinare  al  nostro  come  sua  fonte  più  o  meno  diretta;  e  cosi 
cercheremmo  inutilmente  più  lungi  nell'  oriente  arabo  o  indiano. 
(erto  il  pappagallo,  che  fu  in  India  l'uccello  sacro  sul  quale  ca 
valca  il  'li"  dell'amore,  Kama  o  Kamadeva,  detto  perciò  anche 
Cukavaha,  ha  parte  in  molti  racconti  indiani  :  n  >n  è  necessario 
ricordare  che  in  bocca  ad  un  savio  pappagallo  son  poste  le  no- 
velle del  Cukasaptati.  Tuttavia,  per  quanto  io  sappia,,  non  si  co- 
nosce un  pappagallo  indiano  che  proprio  si  possa  dir  fratello  del 
messaggi  ero  d'Antifanor. 

Anche  questo  nome,  chi  guardi  bene,  può  indurre  in  errore: 
che  pur  suonando  grecamente,  non  è  compreso  nell1  onomastica 
greca  fra'  molti  nomi  che  gli  somigliano.  Accanto  agli  'Avttçivijc, 
'Avxfçxvoç,  'Avr.Tí?.i7,  "Avxtçepïv,  'Avxícpavxoç  ecc.,  il  repertorio  del  Pape  4) 
e  quello  più  recenti'  del  Fick  5)  non  ci  danno  un  'Avxupávtop,  seb- 

1)  Bartsch,  Grundrus,  21. 

2)  Nel  Grundriss  del  Grober,  voi.  cit.,  p.  1:5.  A.U' ipotesi  di  fonti  orientali  ac- 
cennò anche  il  Dounou,  nell'i?/**,  liti.  XVI  203.  Cfr.  anche  MauY  Lafon,  Histoi- 
re  liltéraire  du  midi  de  la  Frane?,  Paris,  1882,  pag.   107. 

3)  L'ode  di  Anacreonte  'Epaoiiix  KéXzix  fu  piti  tardi  spesso  tradotta  in  Francia; 
V.  A.  Delbouille,  Anacre'on  et  les  poèmes  anacréontiques,  traductions  et  imitations 
des  poètes  dn  XVI  siede.  Havre  1801.  Contiene  le  versioni  di  Belleau,  Ronsard, 
Renvoisy. 

4)  W.  Pape,    Wòrterbuch  der  griechìschen  Eigennamen,  Braunschweig,  1850. 

5)  A.  Fick,  Die  griechìschen  Personennamen  nach  ihrer  Bildung  erklàrl  .... 


-  i»  - 

bene  non  manchino,  come  tutti  sanno,  formazioni  col  suffisso -aviio: 
Kocppavttp,  'AfadivìDp.  Arabo  il  nome  non  è.  Nulla  escludi»  che  seb- 
bene non  registrato  dai  lessici,  sia  potuto  essere  veramente  nome 

gr i  in   origine:  ma  non    va  neppur  dimenticato   che    di   questi 

nomi  in  —  or  è  ricca  pur  la  tradizione  poetica  del  ciclo  hrettone: 
dove  accantn  al  greco  Calcedor  del  Cligés  apparisce  nel  poema 
•  sso  e  in  Erec  e  nel  Ghevalier  au  Lyon  un  Sagremor  che  greco 
mm  è;  inoltre  abbondano  i  Brunor,  Hestor,  Escalibor,  Escanor, 
Canor,  Cador,  Felinor,  Escaduor,  ecc.  e  in  testi  provenzali  Tor- 
quator,  Timor,  <•>-,■.  l).  Stando  cosi  le  cove,  non  è  possibile  dar 
grande  importanza  ad  un  nome  il  quale  poi,  se  anche  fosse  gre 
co,  non  basterebbe  a  provar  la  grecità  della  novella. 

Ed  anche  minore  importanza  ha  un  altro  argomento  addotto 
dal  Bartsch  :  l'accenno  al  fuoco  greco.  Il  fuoc  grezeis  fu  nel  me- 
dioevo francese  e  provenzale  popolarissimo,  e  lo  si  trova  ricor- 
dato Hi  frequente:  l'appoggiarvi  quell'ipotesi  sull'origine  del  testo, 
sarebhe  come  un  voler  credere  che  il  Roman  de  Thèbes  nel  quale 
spesso  se  ne  fa  menzione,  sia  derivato  da  l'onte  greca  o  magari 
tebana   l)\ 

I'iii  lungo  discorso  merita  1' ultimo  argomento,  la  parte  del 
pappagallo  messaggiero.  indubbiamente  il  pappagallo  come  necci 
lo  mitico  e  leggendario  è  ili  origine  orientale  3)  e  dall'Oriente  è 
penetrato  nella  novellistica  europea.  0  non  afferma  ser  Brunetto 
volgarizzato:  «  Dicono  quelli  d'India  che  non  ha  [pappagalli]  se 
non  in  India,  e  'li  sua  natura  salutano  secondo  il  linguaggio  'li 
'india    terra    »>  t    1)  È  notevole    però  che   nella    novella    dei   Sette 


Zweite  A ii il. ige,  bearbeitet  von  7.  Bechtel  nnd  A.  Pick,  Gòttingen,  1894  [la  1     ed. 
h.i  l.i  d  ita:  Gótlingen,  lsT  1  |. 

1'  Si   vegga,  per  questi  nomi  Erdmannsdorfer,  Reimwórterbuch  der   Trnuba- 
dori,  Berlin,  1891  he  Studien,  veròffentlicht  von  E.   Ebering,  ll.it  II. 

Le  Roman  de  Thèbes,  par  I..  Constans,  Paris,  1890.   Cfr.    p.  e.    v.   ii:;s 
nel  ne.  .li  Spalding. 

3)  l'i:  Gobbrkatis,  Die  Thien   in  der  indogermanùchen  Mythologie,  bus  dem 
Englischen  iìbersetzl  »on  M.  Hartmann.  Leipzig,  1874,  pag.  ."'Si 

41  //  libro  'ir//'  bestie,  volgar.  da  BONO  Giamboni,  Roma,   1891,  pag,  ">7. 


-    IO 

mi  oui  un  pappagallo  rivela  le  oolpe  d'una  m  iglie  infedele,  e 
vien  rimeritato  dal  marito  con  la  morte,  le  redazioni  occidentali 
sostituiscano  ooncordi  al  pappagallo  una  gazza. 

Ma  infine  il  pappagallo  tradizionale,  con  le  sue  virtù  ciarlie- 
re, dovè  ben  presto  dimenticare  quella  patria  lontana,  se  già  il 
Medioevo  francese  è  pieno  della  sua  voce.  A  taluno  pareva  che 
lo  squittir  del  pappagallo  suonasse  come  un  saluto  in  lingua  greca: 
onde  avvenne  ohe  a  Carlo  Magno  errante  pe'  deserti  ili  Grecia 
si  facessero  incontro  pappagalli,  i  quali  •  quasi  graeca  lingua  sa 
lutaverint  eum  clamantes  :  -  Imperator,  vale  !  -  1)  »  cavaliere  del 
pappagallo  era  chiamato  il  re  Artii  in  un  romanza  in  prosa,  assai 
tardivo,  conservatoci  da  un  solo  manoscritto  parigino  di  scrittu- 
ra del  secolo  \v  che  ha  riveduto  anni  or  sono  la  luce  per  ope- 
ra 'li  F.  Heuckenkamp  2),  e  deriva  dalla  stessa  fonte  perduta  che 
produsse  ne'  primi  anni  del  secolo  xin  il  poema  in  medioaltotede- 
sco  Wigalois  'li  Wirnt  von  Grafenberg  3).  Il  pappagallo  che  rap- 
presenta il  lato  comico  del  romanzo  francese  non  si  contenta  (li 
disputai-  col  nano  suo  custode,  (piando  all'  appressarsi  d'un  peri- 
colo questi  fugge  lasciandolo  chiuso  in  gabbia:  ma  discute,  ragio- 
na .  consiglia    e    canta  al  suo  signore  le   più   melodiose   canzoni. 

»    (  "est    un    oisean    qui    paraìt    avoir   apporti'    de   sa    patrie  asiatiipìe 

les  qualités  souvenl  attribuées  à  ses  congenères  dans  les  contes 
de  l'Inde  et  de  la  P<  rse  »  4).  Di  un  altro  romanzo  nel  «piale  il 
pappagallo  dovè  avere  gran  parte,  ha  dato   notizia   il  Paris   pub- 

1)  Hist.  li/t.,  XXV,  374.  Dal  Liber  de  natura  rerum  secundum  dioersos  philo- 
sophos,  di  Thomas  de  CantinprÉ,  composto,  a  quanto  dimostra  il  Delisle  (1.  e.  ) 
fra  il  1228  e  il  1244. 

2)  Le  chevalier  da  Popegau  nach  der  einzigen  Pariser  Handschrift  ,  hg.  von 
F.  Heuckenkamp;  Halle  a.  S.,  1896.  La  copertina  invece  ha  la  data  1897;  1'  al- 
tra data  è  nell'interno. 

3)  «  Die  Figur  des  Papageien  war,  wie  W[igalois]  zeigt,  bereits  der  geinein- 
samen  Quelle  von  W'figalois]  und  P[apegau]  eigen  ;  doch  wird  die  gescliickte  und 
ausftirliche  Yerwendung  dieser  Figur  als  ein  Veidienst  des  Verfassers  der  Prosa  an- 
gesehen  werden  s>.  [HeOCKENHAMP.,  op.  cit.,  p.  LV]. 

4)  Hist.   Hit.,   XXX,    105. 


-  11  - 

blicando  l'elenco  dei  codici  francesi  dei  Gonzaga  1»;  ina  i  due  ma 
noscritti  che  lo  contenevano  sono  perduti  e  dalle  prime  parole  ri- 
prodotte noi  vecchio  catalogo  2)  il  Paris  potè  soltanto  argomen- 
tare che  si  trattasse  d'una  parte  ili  qualche  gran  romanzo  in  pro- 
sa piuttosl  >  ria'  d'un  racconto  isolato.  A  giudicar  dall'  incipit  e 
à&ÌVexplicit,  il  testo  era  il  medesimo;  il  primo  manoscritto  porta 
il  titolo  ili  Lìber  militis  a  pappagallo,  e  comprendeva  settanta  carte; 
il  secondo,  'li  sessanta  carte,  è  intitolato  più  semplicemente  Pop- 
pagalhts. 

In  un  lay  d' Amors   pubblicato    'lai    Jubinal    un  altro  pappa- 
gallo «  ili  cuor  gajo  amoroso  e  baldo  » 

prioit  amoreusemenl 

Et  (loucement 

De  sentement 
Une  mauvis  par  duu/.  asaut, 

parlandole  lunghissimamente  come  il  più  loquace  e  galante  ilei  tro 
vatori  3),  ma  diverso  in  questo  'lai  pappagallo  d' Antifanor,  elio 
la  -uà  eloqueuza  è  rivolta  a  proprio  vantaggio!  E  spesso  invero 
il  pappagallo  si  trova  esaltato  come  uccello  canoro.  .Nel  verde 
paradiso  del  Roman  ili-  In  Rns<' 

Lors  s*  esvertue  et  lors  s'  envoise 
Li  papegaus  et  In  kalandre  lì  ; 

i-  uri  Brut  'li  Monaco  esso  vini  ricordato  insieme  con  l'usignuolo: 


1)  Romania,  IX  ,  510:  Le»  manuicritt  francai»  de»  Qonzague;   ofr.  n.  36  e 
37.  —  V.  anche  Hi»t.   /Ut.,  XXX,   101. 

Vi  Incipit:  En  ceti  partet  dit  lt  conte»  chepoyt.  Eiplicit:  il  ne  crerayt  maya 
ni  ni'  "/'*  ti  ti  drece. 

\.  Jubinal,  Nouveau  Recueit  de  conte»,  diti,  fabliau® ,  ecc,  Paris,  18-12; 

II.    IV" 

•li  /.-•  !:■, ,„<i,,  ,/,■  i,i  /,'..  /•,  ed.  I'.  Michel,  Paria  1801,  i,  v.  70-77. 


-   19  - 

i.i  roninoui  í  notoil  laia, 
Suoi  I  cbantoil  li  pa|  ■ 
i: 1 1 1 1«-  lea  altrai  oiaeiluns 
Duot  ;i  oïr  elrl  duls  li  suns  l  ) 

« 1onie  nel    Wainei 

Le  cani  del  rouseignol  et  del  deus  papegaul  2). 

mentre  con  l'  usignuolo  combatte  in  una  redazione  volgare  del 
V  Altercatìo  Philiidis  <■/  Florae,  per  sostener  la  supremazia  dei  ca 
valieri  sui  chierici  in  amore. 

Li  Papegaus  sailli  en  piez  : 

_  nop,  disi  il,  oez,  oez, 
i  .e  di  que  li  Rosignox  raent, 
De  la  bataille  me  present. 

Invece  in  un'altra  redazione  del  medesimo  contrasto  scende  in 
campii  contro  I'  allodola  a  sostener  le  stesse  ragioni  3).  Ricorderò 
anche  un  pappagallo  il  quale  non  disputa  d'  amore  ma  consiglia 
gravemente  gli  altri  uccelli  a  migliorare  il  loro  governo  ed  evi- 
tare le  discordie  interne,  con  un  apologo  che  il  poeta  -  un  lore- 
nese  ili  Metz  -  intendeva  involti)  a'  suoi  concittadini  4).  Che  i  pap- 
pagalli avessero  poi  la  lor  parte  ne'  Bestiari  di  Francia  come  al- 
trove, è  ben  naturale;  sebbene  non  sia  attribuita  loro  alcuna  spe- 
ciale qualità  che  ci  riguardi  dawicino. 

Ma  infine  il  più  notevole  fra  tutti,  e  per   un    certo    rispetto 

1)  ber  Mùnchener  Brut;  Gottfried  von  Monmouth  in  fransosischen  Verseti  des 
XII  Jhs.,  hg.   von  K.   HOFFMANN  und   K.  VOLMÔLLER   Halle,    1877;   v.  3919  Sgg. 

2)  Romania,  IV,  324. 

3)  Langlois,  Origines  et  sources  du  Roman  <le  la  Rose,  Paris,  1891,  p.  15 
tBibl.  des  écoles  françaises  d' Athènes  et  de  Rome;  fase.  58"e  ). 

4)  La  guerre  de  Metz  en  i32i,  poèrae  du  XIV  siècle  publié  par  E.  DE  Bou- 
TEILLER,  suioi  d'  études  critiques  sur  le  texte  par  F.  BoNNARDOT  et  precede  d'une 
prèface  par  LEON  Gautier  -  Paris,  1875.  V.  Le  sermoni  le  pappegay,  pag.  32t3  sgg. 


-  13  - 

il  più  degno  d'  esser  posto  accinto  al  nostro  messaggiero  ,  è  il 
pappagallo  di  Venere  nella  messe  des  oiseauoc  di  .Jean  de  Con- 
ile   h.   Una   prima  volta  viene  volando  ad  un  pino, 

Messagiers  eri  à  la  dieuvesse 
D'amours,  ki  là  venir  devoit  2), 

«•  per  lui  mandava  agli  altri  uccelli  il  suo  messaggio  :  tutti  lo 
ascoltano  parlare 

Aussi  cois  e'  on  chantast  la  messe  3), 

Arriva  la  dea,  e  comanda  all'  usignuolo  'li  cantar  davvero  la  mes 
sa  ;  poi  ordina  al  pappagallo  di  l'are  un  breve  sermone  e  dare  in 
nome  ili  lei  il  perdono  agli  amanti  leali.  E  il  cortese  uccello  in- 
segna tosto  le  quattro  virtù  dell'amore:  obbedienza,  pazienza, 
lealtà,  speranza;  promette  a  ciascuno  gioie  maggiori  o  pene  di- 
minuite, garantisce  indulgenza  ai  colpevoli. 

Tout  li  amant  qui  iestes  chi 
Proiiées  á  ma  (lame  merchi, 
En  genous,  de  tous  Ics  meffais 
Ke  vous  aveis  envers  li  fais 
i:u  penser,  en  oevre,  en  parler 
Et  en  venir  et  en  aler 
Et  en  malvaise  convoitise, 
Kn  toute  autre  malvaise  guise   ì) 

Non  e  (orse  un'intima  parentela  fra    l'oratore    di    Venere  ed  il 
messo  d' Antifanor,  quegli  che  bandisce  le  regole  dell' amor  cor- 
li  Dite»    et  contes  de  Baudouin  de  Cono   et  de  ton  flls  Jean   de    Condì,  par 
Ano.  Scheler;  III,  Bruxelles,  1367,,  pag.  I   8gg.  Il  titolo  preciso  é  «  La  messe 
Man-,  et  li  plais  des  chanoinesses  el  de  grises  nonains». 
\.  32-33. 
3)  V.  31. 
li  v.  281 


-  14  - 

i  questi  '-in'  induce  altri  a  metterle  in  pratica  .'  K  lasciando 
lutine  la  Francia  per  uhm  poesia  straniera  che  molti  debiti  aveva 
coi  trovatori  ,  vedremo  un  re  ili  Portogallo  introdurre  in  certa 
sua  canzone  una  «  pastora  ben  kalhada  «  resa  infelice  dall'amore, 
ed  un  pappagallo  il  quale  ;i  primavera  \;i  «  cantando  muy  sabro 
bo  ».  Ella  a  lui  confida  le  sue  pene,  ed  esso  a  lei  dà  conforto  l  )  ; 
il  Lang  <-lic  ha  raccolto  o  messo  criticamente  in  luce  il  canzoniere 
del  re  Denis  pensa  che  l'idea  d'introdur  come  messo  d'amore  il  pap 

[lo  sia  Btata  suggerita  dalla  novella  'li  Arnaut  de  Carcasses. 
Ma  unii  mi  sembra  che  basti  la  qualità  dell'uccello  a  dimostrare 
una  relazione  diretta  ,  quando  il  contenuto  e  la  situazione  sono 
profondamente  diversi.  E ,  del  resto,  le  brevi  strofe  del  re  : 

l 'ulta  pastor  lit'in  talhada 
cuidava  en  seu  amigo, 
e  estava,  bem  vos  digo, 
per  quanl  eu  vi,  inni  coitada  ; 
e  diss'  :  « Oi  mais  nona  è  nada 
de  Bar  per  namorado 
aulica  molher  aamorada 
pois  que  inh  o  meu  a  errado  ». 

Ella  t laida  na  mao 
un  papagai  unii  fremoso. 
cantando  unii  saboroso, 
ca  entrava  o  veráo  ; 
e  diss'  :  «  Amigo  loucio, 
que  faria  pei"  amores, 
pois  m'  errastes  tam  era  váo  ?  > 
E  caeu  antr'  unhas  fiores. 

Unha  grani  peça  do  dia 
jouv'  ali,  que  nom  t'alava, 

i)  E.  Monaci,  11  canzoniere  portoghese  della  Biblioteca  Vaticana;  Halle,  1875, 
n.  137  :  El  rey  don  Denis.  Il  testo  critico  in  H.  R.  Lang,  Cannonerò  d'el  rei  Doni 
Denis  zum  ersten  Male  vollstàndig  lierausgegeben  ;  Halle  189^,  n.  LVII. 


.      -   15   - 

e  a  vezes  acordava 

e  a  vezes  esmorecia  ; 

e  diss'  :  «  Ai  Santa  Maria 

que  sera  de  mim  agora?  » 

E  o  pagagai  dizia  : 

'  l'.iMii.  por  quant' eu  sei,  senhora  » 

«Se  me  queres  dar  guarida», 
diss'  a  pastor,  «  ili  verdade, 
papagai,  por  caritade, 
ca  morte  in'  é  està  vida  ». 
Diss'el:  «Senhora  comprida 
de  beni,  e  noni  vos  queixedes, 
ca  o  que  vos  a  servida, 
erged'  olho  e  vee  los  edes  ». 

Notevole  è  solo  il  provenzalismo  papagai,  già  avvertito  dal 
Lang  li;  ond'è  probabile  che  il  re  Denis  avesse  bensì  innanzi  una 
fonte  provenzale  .  ma  nulla  prova  che  su  i  modello  fosse  proprio 
Arnaut  de  Carcasses.  Forse  dal  provenzale  ebbe  anche  Francesco 
da  Barberino  l'ispirazione  a  quel  sonetto,  in  cui  rappresenta  sé 
stesso  preso  in  forma  'li  pappagallo  e  portato  a  .Madonna   £), 

Così  popolare  era  divenuto  nella  poesia  dei  popoli  latini  1' an- 
tico simbolo  erotico  ,  1"  uccello  lunare  degli  indiani.  Questo  mito 
fu  noto  anelie  a' Greci,  come  dimostrano  le  testimonianze  raccolte 
•lai  lie  Gubernatis  3).  Ma  se  pur  nel  ricco  tesoro  perduto  della 
novellistica  greca,  che  il  Ronde  sospettava  originatore  della  stessa 

novellistica    indiana,    anzi    che    derivato    da    questa    4),    t'osse    esistito 

un  pappagallo  compagno  del  nostro,  ed  un  racconto  magari  uguale 

li  Op.  <<':  pag.  197. 

-i  Del  Regi.  ■   dei  Cottami  delle  Dinne,  Roma,  1815,  p    81-2. 

3)  Oy/.  (  il.,  pag.  585-86. 

[)  E.  Rohde,  Der  griechische  Roman  und  teme  Vorlaufert2*  Auflage,  Leipzig 
1900.  —  V.  l'append.  «  Ueber  griechische  Novellendichtung  und  ihren  Zusammenhang 
uni  il <•  ni  i  Irieol  »,  pag.  578 


-  16  - 

.•il  racconto  che  ci  occupa  ,  ciò  <-l infine  probabile  ,  il  seguito 

della  mia  ricerca  mostrerà   tuttavia   vana    r  ipotesi,  che  a  quelli 
potesse  o  dovesse  ispirarsi    Vrnaul  de  Carcasse». 


Invero,  se  cosi  unto  era  il  pappagallo  alla  poesia  del  Medioevo 
occidentale,  quando  avremo  accennato  alla  grandissima  parte  che 
gli  uccelli  messaggieri  avevano  ed  hanno  in  Francia  nella  lirica  del 
popolo  come  nella  lirica  d'arte,  Banì  del  tutto  rimosso  ogni  sospel 
to  'li  una  diretta  fonte  orientale  o  greca  per  la  nostra  novella.  Al- 
l' usignuolo,  messager  des  amante,  vengono  ili  solito  attribuite  le 
amorose  parole,  ed  occorre  appena  ricordare  la  lunghissima  Berie  'li 
canzoni  antiche  o  moderne  che  s'aggirano  intorno  a  questo  motivo 
della  lirica  popolare.  «  La  chanson  de  l'oiseau  messager  d'amour 
esl  universellemeni  repandue  »,  afferma  uno  studioso  'li  quella  li- 
rica  lì;  e  chi  voglia  recarne  degli  esempi  non  ha  che  la  difficoltà 

della   scelta. 

Moderna  è  la  canzone  del  tipo  più  connine,  in  cui  un  amante 
invia    1'  usignuolo   alla    sua   bella  : 


Le  rossignol  sauvage 
Fit  bien  la  commission  : 

Il  s'  eri  vola, 
De  bocage  en  bocage, 

Pour  la  trouvei* 
La  mignonne  à  l'  ombrage. 

Bonjour,  belle  bergère, 
Bonjour  vous  soit  donne  : 
Belle  Isabeau. 


1)  Histoire  de  la  cJianson  populaire  en  France ,  par  Julien  TlERSOT.  Paris  , 
1889 ,  pag.  89.  Cfr.  Ròmer,  Die  volkstùtnliehen  Dichtumjsarten  der  aìtprovenzali- 
schen  Lyrik ,  Marburg  1884  (voi.  XXVI  delle  Ausgaben  und  Abhandlunyen  dello 
Stengel),  pag.  19. 


-   17   - 

Yotre  amant  est  en  peine. 

Si  vous  1'  aimez 
Autant  cornine  il  vous  ainie  1). 

E  seguita  cosi  ,  degno  creile  il  >]  bel  parlare  con  cui  trionfo 
ilclln  dama  il  vecchio  pappagallo  provenzale.  A  provar  come  an- 
tichi' siano  in  mezzo  al  pop  ilo  ili  Francia  queste  leggiadre  fanta- 
sie, altri  uccelli  amorosi  compariscono  nelle  canzoni  del '400  pub- 
blicate da  Gaston  Paris  2).  V  è  un  doulx  rousignolet  che  viene 
ili  maggio  presso  la  casa  della  donna ,  lodando  in  suo  latino  gli 
amanti  fedeli  .*5)  ;  in  non  meno  di  quattro  canzoni  !'  usignuolo  o 
l'allodola  vengono  incaricati  dall' amante  di  recare  un  messaggio 
all'amica,  o  viceversa  4). 

Ne  ricorderò  una  sola  : 

Roussignolet  qui  au  bocaige 

Chans  doucenient 
Va  a  ni'  anno  l'aire  un  messaige, 

En  fon  doulx  ebant, 
Km  disant  :  «  Dng  amant  m'  envoye 

l'ai-  devei's  vous,   (;t  vous  envoye 

Ce  cuer  dolenl  : 
Secourez-le  de  vostre  amour 

Presentement. 

K  ancora  più  antica  è  la  romanza  ,  india  quale  una  «  pucele  de 
grani  beauté  o  sta  sotto  un  pino  fra  una  corona  d'  uccelli  ,  e  di 
mezzo  a  questi  si  avanza  il  solito  usignuolo  a  richiederla  d'amore  : 

Dame,  en  qui  touz  bien  es  mis, 

i'l    valour, 

I)  Jerome  Boujeai  e,  Chants  >■/  chanton»  populairet  de*  province!  <!>■  VOuest; 
l  -in.-  I,  Ni. mi.  1866,  ri-',  '-".il. 

V)  Gaston  Paris,  I  han    .-.  tin    vr  tiècle,  Paris,   1875. 

.-.    I',-.  65,  N.  LXVIIL 

i  Pag.  7",  M.  IX  XII  102,  n.  CIVj  133,  n.  CXXXI;  143,  n.  CXXXIX.  L'allo- 
dola compare  nella  terza  canzone;  all'ultima  appartiene  la  strofa  che  riprodnoo. 

:t 


-    ih   - 

pour  qui    ni  imi  grani  Minti, 
plaioe  de  prato)  douçour, 
ocii  Bachici  qu'  su  morrai 
■  ii'  ;ii  —  rostro  amour  1 1, 

e  questo  implorare  per  sé,  anzi  che  in  nome  d'altrui,  <'i  richiama 
alla  memoria  il  vastissimo  ciclo  leggendario  dell'amante  trasfor- 
mato in  uccello,  che  ispirò  anche  un  lai  a  Maria  <li  Francia  B). 
Qualche  volta  l'usignuolo  vola  al  palazzo  d'amore  8)  ma  quasi 
sempre  la  bella  si  trova  in  un  giardino,  o  all'ombra  d'un  albero. 
Poiché  la  natura  popolare  ili  queste  fantasie  ci  permette  'li  saltar 
dall'antico  al  moderno  trovando  sempre  in  flore  la  stessa  ispira- 
zione, ricorderò  il  messaggiero  che  in  una  canzone  della  Francia 
occidentale  : 

ah  jardin  d'  amour  s'  eri  va, 
S'  [uhi"  sur  les  seins  de  la  belle, 
Chante  une  chansou  nuu\  èlle  : 
La  belle  se  r  \  eilla   I), 

la  bella  che  giace  in  un  letto  coperto  «li  fiori.  Ci  toma  olla  me- 
moria una  vecchia  ballata  italiana  ,  l'atta  conoscere  'lai  Carducci 
ed  illustrata  dal  d'  Alienila  5)  ;  la  fanciulla 

1)  Bartsch ,  Romance*  et  Pastourelles  françaites  des  XII  et  XIII  siecles, 
Leipzig,  1870;  pag.  29  sg. 

2)  È  il  lai  intitolato  Yonec.  Cfr.  Die  Lais  von  Marie  de  Frnnce,  berausg.  von 
Karl  Warnke,  mit  vergleichenden  Anmerkungen  oon  Heinhold  Kohler  ,  Hnlle. 
1885  (voi.  Ili  della  Bib/iotheca  normannica ,  hg.  von  H.  Suchier)  ;  pag.  109  e 
LXXXVIII. 

3)  Daymard,    Vieux  chants  popu/aires  recueillis  eri  Quercy,  Cahors,  1889: 

Rossignol  prend  la  voléie, 
Au  palais  il'  amour  s'  en  va, 

4)  BOUJEAUD,  op.  ci/.,   pag.  293. 

5)  CARDUCCI,  Cantilene  e  ballate,  strambotti  e  madrigali  nei  secoli  XIII  e  XIV, 
Pisa,  1871,  pag.  09-70. 


-    ]!>    - 

se  ne  già  nel  suo  giardino 

Sotto  lo  suo  mandorlo  fiorì"  : 
K  lì  si  calza  e  lì  si  veste 

K  lì  aspetta  el  suo  dolze  amor  fi'. 
Venne  1"  uccello  del  buon  Selvaggio  i). 

E  '11  su  la  spalla  se  gli  pose; 
Messegli  e]  becco  dentro  all'  orecchio, 

Sotto  gli  suoi  biondi  capelli  ; 
i  he  idi  parlava  del  suo  linguaggio, 

E  la  bella  non  lo  'n tendeva. 

La  bella  provenzale,  sollecitata  dal  pappagallo,  aveva  inteso: 
ma  aneli'  ella  ascoltava  il  pennuto  tentatori'  nel  suo  giardino.  Al 
'l'Ancona  parve  "  se  fosse  lecito  arguirò  qualcosa  'li  probabile  dalle 
poche  e  misteriose  parole  ili  questa  canzone  »,  ili  scorgervi  «  un 
riflesso,  una  memoria  lontana  delle  maravigliose  traili/ioni  sparse 
per  entro  le  ballate  brettoni  »\  e  riconiò  quella  ballata  sul  nasci 
incuto  di  Merlino,  che  il  Yilloinanpic  riporta  nel  suo  libro  sul  fa- 
moso incantatore,  la  ninna-nanna  in  cui  la  madre  narra  come  Mer 
lino  >ia  nato  .li  lei,  figlia  ili  re  trascinata  dal  l'ascino  il' un  canto 
il'  uccello  nella  grotta  il'  1111  l'ollctt  i  clic  ['  ha  posseduta  2).  Ággiun 
L'i'l'u   che    la     stessa     leggenda    si    trova    nel    Brut   citato   del    ms.    ili 

1)  Forse  sarà  ila  leggere  del  Imsco  settaggio,  in  rispondenza  col  rossignokt  sau- 
vrige  delle  canzoni  francesi  e  con  ì' uccellili  selvaggio  di  un  canto  toscano  riportato 
dal  d'Ancona. 

v  HsRSART  DE  LA  VlLLEMARQOé,  Afgrdhinn  m>  C  enchanteur  Merlin,  Paris, 
1802;  pag  II  sgg.  A  pag.  101  è  il  testo  della  ninna-nanna  in  dialetto  della  bassa 
Brettagna.  « . . . .  J'avais  entendu  chanter  un  oiseau.  Il  chantait  d'une  voii  si  (Vai- 
che,   il  cbatitait  d'une  si   douee  voix  .  .  .  .    Il   ebantait   d'uni'    \nix   si    velnutée  ,    plus 

relonlée  qne  le  i mure  de  l'eaii  .. . .  si  bien  que,  sana  v  prendre  garde,  je  le  suivis, 

l'esprit  charme ....  Je  le  sui\ -ig  bien  loin;  hélas!  hólas!  ma  patii  re  jeunesse  !  . . .  Vierge 
royal,  disait-il,  In  brilles  comme  la  pose  du    inalin....  L'aiibe  du  jour,  quand'eile 

i  -il",  esl  ravie,  tu  ne  le   sui-   pas....  Tu    le  savia,  quand   il  se  lève,  le  so< 

leil Lea  clianta  devenaienl  de  plus  en  plus  beaux,  cependant,  el  je  le 

siii\ais,  lète  bais8ée....  Si  bien  que  je  lombai  épuisée  d<'  fatigue  et  que  ja  m'en- 
di  i  mia  soni  un  chéne,  à  l'écarl ». 


Monaco,  riferita  b  Silvia,  la  madre  <li  Romolo  e  Remo;  la  quale, 
stando  presso  una  fontana  ,  in  un  bel  luogo  a  garniz  d'  herbe  <■' 
de  fior  »,  ascolta  il  canto  degli  uccelli. 

Siel  i-i  esculte  la  pulcele, 

Por  la  dulchor  est  endormie  i 

<    Marte,  Bopravvenuto,  vedendola  rosi  bella  si  giace  <'<>u  lei.  Mn 

la    ballata   italiana    n •  altro  che  una   nuova  propaggine  della 

nota  canzone  francese  della  belle  Aelis,  ricordata  anche  dal  d'An- 
cona. Numerosi  frammenti  se  uè  leggono  uella  raccolta  'li  romanze 
.•  pastorelle  francesi  messa  insieme  dal  Bartsch  :  ecco  alcune  strofe 
•  li   Baude  de  la  Kakerie  : 

M;i  i  ii  se  leva  la  Liei»  fa  ite  A.elis  : 

•  Mis  ni'  saves  que  li  loursegnols  (list; 

il  disi  c' amoors  par  faus  araans  perist*. 


Bien  se  para  et  plus  bel  se  vesti  : 
'  vos  aves  hien  le  rousegnol  oi  : 
se  bien  n' anies,  amors  aves  trai  '. 

Si  ppist  ile  l'aigue  en  un  dorè  bacili, 
'  li  rousegnols  nos  dit  en  son  latin  : 
aniant.  anies,  joie  ares  a  tous  dis'. 

Lava  sa  bouche  et  ses  oex  et  son  vis, 
'  buei*  fu  cil  nes  ki  est  loiaus  amis  ; 
li  rousegnol  1' en  pramet  paradis  '. 

Si  s'en  entre  la  bele  en  un  giardin  ; 
li  rousegnols  un  sonet  li  a  dit  : 
«  pucele,  anies!  joie  aures  et  delit  ». 
La  pucele  bien  1'  entent. 


1)  L.  cil.,  v.  3923-26. 


-    L'I     - 

et  moli  debonairement 

li  respont  et  sans  orguel  : 
«  sans  amour  ne  sui  je  mie. 
ce  tesmoignent  mi  oel  ». 
1). 

Non  sempre  il  canto  dell'  uccello  è  un'  esortazione  ad  amare, 
e  I'  usignuolo  in  un  altro  jardin  d'  unum,-  moderno  consiglia  : 

Fille,  croyez-moy,  n'aymez  point, 
Car  les  garçons  ne  valent  rien  .'  2) 

in  buono  accordo  con  I'  usignuolo  ili  un  canto  toscano  3).  Ma  quello 
che  a  noi  importa  è  che  anche  il  vergier  < 1 1 •  1 1 .- 1  novella  provenzale, 
coiuc  tutti  gli  altri  elementi  ili  questa  .  ha  larghi  riscontri  nella 
poesia  popolare  :  e  aggiungo,  a  caso,  in  nota  altri  giardini  d'  amo 
re  ;  e  un  coro  poetico  che  si  eleva  da  tutte  le  terre  'li  Francia, 
cosi  che  non  occorre  affastellare  gli  esempi  -4).  Lo  stesso  dirò,  in 
generale,  per  gli  uccelli  messaggieri  che  </\:\  venendo  ila  luoghi  e 
tempi  diversi  abbiamo  udito  cantare,  con  poche  varietà,  i  mede 
.simi  inviti,  li-  medesime  promesse,  i  medesimi  saluti  il'  amore  ;  si,-i 
il  melodioso    inviato  o  rosignuolo  o  allodola  o  rondinella  5).  Per 

1)  L.  cit.,  pag.  ;»■■•. 

2)  E.  RoLLAND,   Reami  <>'■  chansons  populaires,  Paris,   18S;5,  voi.  I,  pag.  45. 
::)  Cantilene  e  ballate,  pag.  69. 

4)  Cfr.  ancora  Ch.  BEAUQC1ER ,  Chansons  populaires  recueillies  en  Franche- 
Cornili,  Paris,  1894,  pag.  102.— Rollami,  op.  '-ir.,  pag.  214  sgg.— Romania,  VII.  pag.  61 
(V.  Smith,   Vieilles  chansons  recueillies  en    Velay  et  en  Forez,  pag.  52  egg.). 

.">)  Sarebbe  tacile  non  meno  che  inutile,  il  moltiplicar  le  citazioni:  basti  aggiun- 
gerne qualcuna.  CiV.  W.  Schefpler  ,  Die  franziitische  Volksdichtuny  und  Saae; 
Leipzig,  1884,  Erster  Band;  ^u^li  uccelli  e  le  fanciulle  pag.  50-1;  sui  messaggieri 
pag.  "7  ••  nota  5;  una  canzone  della  Champagne  ;t  pag.  92,  'li  Normandia  a  pag.  120,  ed 
un'  altra  del  sec.  \\  I  a  pag.  158. — E.  de  CousSEMAKER,  Chanls  populaires  dei  Fiu- 
mana» de  France,  Gand,  1855,  pag.  166  sg. —  Bi  u  Q\  [ER,  op.  cit.,  pag.  87. — Daymard, 
"/'.  ■  •'.,  pag.  35.  Decombe,  Chansons  populaires  <T llle-el-Vilaine ,  Rennes  , 
1884,  pag.  208.-    RoLLAND,  op.  cit.,  I,  pag.  Il,  211;  II,  40,  243  agg.— Romania,  III, 


una  i»iìi  stretta  analogia  0011  la  aostra  novella,  meritano  soltanto 
mi  cenno  particolare  alcuni  oanti,  ne' quali  l'uccello  stabilisce  un 
convegno  fra  gli  amanti.  Ecco  uno  del  Velay  : 

«  Rossignolet  da  la  marinai 
voyageur  dea  amoreux, 
\;t-t'  en  dira  à  ma  maitretaa 
sarai  toujours  -'>n  servlteur. 

Rosslgnolel  prend  la  volée, 
\  .1  /à  la  porte  de  la  belle  : 
tout  promptemeni  b'  en  est  alle, 
-  Éveillez-vous,  si  m'  entendez  ». 

Rcveillez-vous,  belle  endormie, 
e' esl  vostre  amanl  qui  est  á  la  porte; 
réveillez-vous  pour  me  parler, 
désire  bien  à  vous  parler. 

La  bello  n' a  mis  ses  pìeds  à  terre 

et  descendant  per  les  dégras 

elle  s' i-ii  va  z-ouvrir  la  not-te 

«  Entrtv ,  cher  amant,  ïsî  m*  aimez  ». 

1). 


E  non  meno  cortese  è  1'  altro  usignuolo,  che  accetta  dal  *uo  pa- 
drone quest1  incarico  : 

Va-t'  en  dire  a  ma  belle 
Que  je  viendrai  la  voii* 
Le  sa  medi  au  soir  2). 

pag.  97-8  (Th.  de  Puymaigre,  ChanU  populaires  de  la  valide  d'Ossati,  pag.  89  sg.). 
i — Romania,  IX,  559  sgg.  Spesso  ne'  luoghi  indicati  si  trovano  riscontri  in  buon  nu- 
mero. Qualche  altro  riscontro  suggerisce  il  RÒMER,  op.  cit.,  pag.  04,  Ann.  10.  — 
Nel  canto  citato  della  raccolta  del  Coussemaker,  un  piccolo  uccello  bianco  porta  un 
biglietto  alla  donna.  Sui  colombi  portalettere  cfr.  A.  SxiMMlNG,  Bertran  de  Boni, 
Halle,  1879,  pag.  279. 

1)  Romania,  VII,  p.  57. 

2)  Rollami,  op.  cit,  II,  p.  40. 


-   23   - 

.Occorre  appena  ricordare,  da  ultimo,  che  la  Provenza  parte 
cipa  con  tutte  le  province  francesi  'li  questa  poesia  ornitologica. 
Provenzale  è  queir  amanti',  il  quale  'li  domenica  se  ne  va  in  giar- 
dino a  coglier  gelsomini  e  viole  per  farne  un  mazzo  da  donare 
alla   sua  amica  Biancofiore  ,  e  lo  invia  per  mezzo  del  rosignuolo 


Reveilhetz-vous,  la  graciouso, 
Yous  adus'  un  bouquet  de  llours, 

e,  co' fiori,  le  tenere  parole  dell'amore   1). 

Ma  audio  1'  antica  Provenza  conobbe  e  cantò  sovente  1'  uc- 
cello galeotto,  con  m< ><  1  i  clic  ricordano  ben  davvicino  l'  argomento 
della  nostra  novella  :  avenilo  raccolto  finora  quanto  basta  a  prò 
vare  cu me  tali  fantasie  fossero  innanzi  e  sieno  tuttora  diffuse  nel 
popolo  'li  Francia,  possiamo  tornare  ad  un  tempo  ed  a  una  poesia 
più  vicini  alle  Novas  del  Papagay. 

Primo  a  valersi  del  messaggiero  alato  fu,  per  quanto  noi  pos- 
siamo sapere,  Marcalirun,  nella  romanza  dello  stornello,  divisa  in 
due  parti  di  sette  colile  ed  una  tornada  ciascuna  ,  perfettamente 
corrispondenti  nella  disposizione  metrica  :  Estornelh,  cuelh  ta  vo 
loda,  e  Ges  V  estomels  non  s'  oblida  2).  Minore  importanza  ha  per 
noi  la  prima  parte,  in  cui  Marcabçun  affida  allo  stornello  la  sua 
missione  ;  ci  basterà  tenei'  conto  del  carattere  apertamente  pò 
polare  'li  queste  rime  3).  Marcabrun  invia  il  messaggio  ad  una 
donna   non  meno  bella  che  leggiera 

v.  34.     Per  semblan  ea  veziada, 

Plus  qui'  virii];i  volps  cassada  : 

1)  l>.  Aiuto  ii,  Chants  pnpulaires  de  Provence,  kix,   1862-64,  II,  p.  136  sgg. 

Per  notizie  generali  intorno  agli  uccelli  parlanti  ,  cfr.  W.  WACKERNAOEL  , 
Hr.sï  r.-.iyA/:i ,  Iiilicl-clirin  /nr  vierten  Sà'cularfeier  def  (Jniversitâl  Basel,  Basel , 
184  0,  p.-  11.     V.  I"  noie  bibliografiche. 

v    Orundr,  203,  23     in  Bartsch,   Laebuch,  53  »gg.;  Maiin.  Ged.,  n.  506-8. 

:«i  Bò'mer,  op,  cit.,  p.  18  »gg. 


-    '24    - 

i    autrier  un  flati  far  la  badi 
i  oU  oueg  enti'ueso'  .il  dia. 
Boa  talana 

K>   \  uluns 

.Mi  engana ; 

Mas  mi  chana 

Fan  enfans 

Caatiana 
De  Idi-  reionia. 
Celui  l'ade!  gentile  fada 
\  cui  l'uii  amora  donada  : 
Non  fo  tala  creatianada 
De  -ai  In  peiron  Klia. 

A  lei  dovrà  volare  lo  stornello  :  • 

v.  49.       Voi'  e  vai 

Tot  ili'ct  lai, 

Kl  retrai 

Qu'  ieu  morrai, 

Si  non  sai 

Con  si  jai 

Nuda  o  restia. 

Eil  il  gentile  mezzano  —  qui  comincia  la  seconda  parte,  che 
ha  tanto  più  interesse  per  noi  — 

v.  4.      I»el  dreg  volar  no  s'  alensa. 
Tant  anet. 
lì  volet, 

che  giunse  infine  alla  mota,  e  si  posò  sopra  un  ramo  fiorito  dove 
prese  a.  cantare  finche  la  donna  V  intese  ed  aperto  V  uscio  di  casa 
venne  a  lui  :  anche  qui  la  scena  si  svolge  in  un  giardino.  —  0 
perchè  tanto  rumore  ?  —  domanda  ella  all'  uccello  ;  e  questi  com- 
pie la  sua  missione.  Nò  la  donna  la  aspettare  il  consenso  :  in  tre 
strofe  si  dichiara  pronta  all'  amore,  e  finisce  in  questo  modo  : 


v.  60.  Vai  e-1  ili 
Quel  mali 
Si'  aissi, 

Que  sotz  pi 
Fa  rem  lì. 
Sotz  lui  mi, 
D'  està  malvolensa. 

Sotto  un  pino  starà  anche  la  dama  d'  Antifanor  nel  suo  secondo 
colloquio  col  pappagallo  ;  e  come  questo,  così  lo  stornello  di  Mar- 
cabrun  reca  al  suo  signore  la  lieta  novella  : 

v.  71.      ...  als  mils  drutz 

a  rendutz 

Mil  salutz 

K  pagutz 

Per  condutz 

Ses  trautz 
De  falsa  semensa  ; 

S'  al  mati 

L'  es  aqui 

On  vos  di 

E'ua  mandi 

Que  s1  ardi 

Del  jardi 
E  que'us  mal  e*us  rensa. 

Questo  fu  il  modello  a  cui  s'  ispirò  Pietro  d'  Alvernia  per  la  sua 
squisita  romanza  Rossignol,  <■/  seu  repaire,  che  lo  Zenker  ha  ri- 
pubblicato criticamente  da  poco,  insieme  con  le  altre  rime  di  quel 
trovatore  l).  La  dipendenza  'li  Pietro  d' Alvernia  dal  più  antico 
porta  apparisce  evidente  a  chi  faccia  anche  un  rapido  confronto 
delle  due  romanze  :  non  pure  il  disegno  generale  è  il  medesimo, 
ma  la  stessa  forma  metrica  si  e  irrisponde  con  qualche  leggeris 
sima  differenza.  Gran  differenza  è  invece  nello  spirito  e  nel  caral 

li  I;.  Zenker,  Die  Lieder  Peiret  oon  Auvergne,  Erlangen,  1900,  pag.  D>2  sgg. 

4 


t,.r,.  loro:  quanto  è  popolarmente  realistico  e  brutale  il  verso  'li 
Marcabrun,  nel  quale  si  è  quasi  tentati  ili  sooprire  una    atira  del 

facile  amor lei  mutevole  cuor  femminile,  tanto  è  fine,  aristo 

craticamente  gentile  il  verso  'li  Pietro  fi'  Alvernia.  I.'  uno  6  l1  altro 
trunere  'li  ispirazione  poterono  essi  trovare  nei  canti  popolari  ;  ma 
il  poeta  dello  stornello  volle  esser  raffinato  soltanto  nell*  agile  ar 
tiflzio  delle  strofe  e  delle  rime  preziose,  mentre  il  poeta  dell'  usi- 
gnuolo cercò  anche  la  raffinatezza  del  sentimento.  Lo  Zenker,  il 
quale  dà  pure  il  giusto  merito  all'alvergnate  per  questa  romanza  che 
va  fra  più   squisiti  della    lirica    provenzale,  insiste    poi    un 

j,  ,'  troppo  sull'  imitazione  da  Marcahrun  :  ohe  se  pur  questa  è  in 
aegabile,  come  li"  detto,  non  va  d'altra  parte  dimenticato  che  il 
criterio  dell'imitazione  è  ben  difficile  a  determinare,  quando  si 
hutti  'li  ispirazioni  diffuse  nella  poesia  del  popolo   1). 

Peire  d'Alvernha  incomincia  con  affidar  l'  incarico  all'  usignuo- 
lo, come  Marcahrun  .-ili"  stornello  :  mentre  la  novella  ci  presenta 
senz'altro  il  pappagallo  in  colloquio  con  la  'lumia.  Quegli  ne  va 
volando  al  luogo  dov' ella  «regna  »  senza  timore, finché  la  trova. 
Quando  «  l' auzeletz  de  bon  aire  »  vele  apparire  la  beltà  <li  lei, 
comincia  a  cantare  così  dolcemente 

v.  l'I.     si  com  sul  l'ai-  contrae  sci- : 

poi  tace,  e  pensa  fra  sé  etimo  dovrà  parlare  alla  donna. 

v.  31.     Gel  que*us  es  fizels  amaire 
volc  qu'  eu  en  vostre  poder 
vengues  sai  esser  cantaire, 
per  so  que'us  fos  a  plazer  ; 


1)  Bi  questo  carattere  popolare  lo  Zenker  (efr.  op.  cit.,  pag.  43  sgg.)  non  fa 
«nno.  Per  esso  si  comprende  «jener  Haucli  weichen,  seliwàrmeriselien  Empfiftdens» 
nel  quale  sarebbe  invece,  secondo  lo  Zenker,  «  ein  Erbteil  germanischen  Gemiites  » 
nell'  antica  lirica  francese  e  provenzale  (p.  44).  Per  il  confronto  con  Marcabrun, 
v.  anche  RÒMER,  op.  cit.,  pag.  18  sg. 


v.  41.     E  si-l  pori  pei'  que*s  n'  esclaire, 
gran  gaug  en  devetz  aver, 
i[u'  anc  ora  no  nasquel  de  maire, 
tao  de  be*us  posca  voler  : 


Non  contento  ili  recar  dall'  uno  all'altra  le  parole  amorose,  esorta 
egli  stesso  la  donna  all'  amore  : 

D'  aissom  l'ai  plaidejaire  : 
qui"»  amor  a   son  esper, 
no*s  deuria  tardai-  gaire, 
tao  coni  1'  amors  n*  a  lezer  : 

quo  tosi    cai 

blancs  en  bai, 
com  Hors  sobre  lenha  : 

e  vai  mai 

quii*  fagz  l'ai, 
ans  qu'  als  la-n  destrenha. 

Con  la  risposta  della  donna  incomincia  la  seconda  parte.  Piace 
a  lei  il  discorso  dell'  uccello,  come  piaceva  alla  lucilo  amante  con- 
quistata dal  pappagallo  : 

v.  l.  Molt  mi  platz, 

so  sapchatz, 
vostra  parladura,; 

et  aujatz, 

que'il  digatz 
-i  don  mi  pren  cura. 

Troppo  presto  è  partito  da  lei  il  suo  amico  ;  ella  ama  così  fedel- 
mente, che  oe'  sogni  le  par  sempre  'li  averlo  giacente  fra  le  suo 
braccia  e  oe  prova  una  voluttà  che  uessuno  può  sapere.  Sempre 
1'  ha  amalo  ,  no  vorrebbe  la  conquista  d'  altri  più  nobili  di  lui  : 
amore  la  fa  insensibile  al  vento  ed  al  gelo  d'  inverno  come  al  ca- 
lore estivo,  perchè  il  vero  amore  è  come  l'oro 


-  28  - 

\    13.     i|Uf  i'  camera  de  bontatge, 

i[ui  ;ii)  bontal  li  »en  la. 

Questo  ripeterà  I'  usignuolo  a  colui  che  V  ha  mandato  : 

\.  51,  «  Dona  auzeU,  \;is  soli  estatge 
m'irete,  quan  venra'l  malia, 

e  d\^:\\/.  r  imi  drag  lengatge 
de  qual  j^'iiisa  I'  oboilis  ». 

Abrivatz 

n'  os  lornatz 
trop  per  gran  mesura, 

doctrinatz 

culpa  i-lat/, 

de  bon'  aventura. 

E  così  anche  noi,  ben  «  doctrinai  »  su  quanto  occorreva  al  nostro 
proposito,  possiam  ritornare  alla  novella  del  pappagallo.  Se  non 
corre  tra  questa  e  le  romanze  esaminate  più  sopra,  un  preciso  rap 
porto  di  dipendenza,  ognun  vede  che  tutte  appartengono  alla  stessa 
famiglia.  11  maggior  movimento  drammatico  ili  Marcabrun  ,  dove 
il  dialogo  è  chiuso  dalla  promessa  d'  un  convegno,  s'  intreccia  nella 
novella  con  1'  elevato  sentimento  amoroso  di  Pietro  d'  Alvernia,  il 
quale  nella  sua  romanza  è  più  lirico  che  drammatico;  ma  il  nostro 
poeta,  o  almeno  il  poeta  della  redazione  11,  ha  saputo  colorir  quella 
trama  ,  ricavar  dall'  originario  motivo  lirico  nuovo  movimento  e 
nuova  vita,  riuscendo  ad  un  piccolo  dramma  di  azione  rapida  dove 
le  varie  parti  sono  disposte  con  bella  armonia  e  dove  V  abbon- 
dante vivezza  de'  particolari  dà  al  vecchio  argomento  un'  artistica 
impronta  ili  originalità. 

Ricorderò  da  ultimo,  perchè  questa  scorsa  attraverso  l'  antica 
poesia  provenzale  sia  completa,  una  canzone  anonima,  che  si  trova 
nel  canzoniere  0  1).  Qui  è  la  rondinella  che  una  donna  invia  al 
suo  amante  lontano 

1)  HERRIG'S,  Archiv,  34,  p.  477.  Cfr.  Grand.  461,  28:  Arondeta,  de  Con  Chan- 
tal' m'  aer. 


-  29   - 

'  E  car  no  sa  lo  pais  e-l  viatge 
Me'n  veng  zai  saber  vostre  viatge  ', 

■e    fra  questi   e   la    messaggiera   s1  intreccia   un  dialogo  in  cinque 
strofi',  che  finisce  con  la  partenza  della  rondinella. 

'  Signer  amie,  deu  vos  lais  aemplir 
Vostre  talant,  e'  a  mi  non  poc  faillir, 
Can  meo  irai  que  no  m'  ardo  nem  ronda. 
E  quant  sabra(i)  que  sei  en  strauh  regratge 
Ben  Ter  a  cor  greu  e  fer  e  salvatge'  1). 


Ma  il  pappagallo  «li  R  non  è  soltanto  un  accorto  Galeotto  : 
per  dare  a'  due  amanti  il  modo  di  goder  la  solitudine  del  giar- 
dino, allontana  da  questo  Ogni  altra  persona,  appiccando  1"  incen- 
dio al  castello  con  quel  Cuoco  greco  nel  quale  il  Bartsch  vide  ri- 
flessa la  greca  origine  del  poemetto.  Tuttavia  ,  senza  andar  cosi 
lontano,  gli  uccelli  incendiari  erano  pur  essi  noti  a  quell'Ucci 
denti-  il  quale  conosceva  cosi  bene  gli  alati  messaggieri  d' amore. 
Noti  erano  a  Wace  che  li  introdusse  nel  suo  Roman  de  Brut  a 
portar  le  fiamme  in  una  città  assediata. 

CU  de  fora  par  tei  tricerie 
Que  ainc  mais  n' ot  esté  vie, 
*  »n t  la  cité  tote  enflamée  ; 
l  ii.  a  i  "in  il  1'  ont  alumée, 
(doissons  aroi  et  giù  priseot, 
En  escaille  ile  nois  tu  misent, 
El  od  le  fu  disenl  repondre 

1)  Il   ROMEB,  l.  cit.,  pag.  64,  dopo  aver  citato  pochi  esempi  di  canti   popolari 

-i   dove  compare  un  uccello  messaggero  d'amore,  aggiunge  un  accenno  alla 

novella    di    Arnaut  de  Carcasses;  ma  non  fa  capire  se  con  questo  ravvicinamento 

lia   inteso  dir  che  la  novella  appartiene  a  quel  genere  di  canti,  o  se  la  somiglianza 

è   -   lo  casuale. 


-    SO    - 

Ea  prisca  de  lui  <•!  de  tondre, 

\  i  pii  a  dea  moisaoos  r  eapendirent, 

Merveilloee  voisdie  flrent. 

ai  Boir,  quaol  \  mi  .1  I'  aveaper, 

i  aièrent  lor  moissona  Bler. 

Il  b'  alòrent  al  Boir  colcbier 

Là  où  il  Boloienl  jochier 

K>  his  de  blé  ••!  ea  buisaona 

li  ea  sourondea  de  maisons, 

Kt  dèa  que  li  \  ile  esca u fa 

Li  vile  esprisl  el  aluma  1 1. 

E  non  era  punto  vero  che  una  «  tei  tricerie  »  non  l'osse  mai  stata 
veduta,  se  già  Plinio  ricorda  le  'aves  incendiariae ',  o  ' spinturni- 
ces'  8):  «  quae  sii  avis  ea,  nec  reperitur  nec  traditili- »,  osserva 
il  naturalista  latino  ;  e  sull'  autorità  di  Plinio  afferma  Adalberto 
Kuhn  3)  essere  fuor  di  dubbio  che  anche  ai  Romani  l'osse  cono- 
sciuto il  mito  di  un  uccello  incendiario.  E  tali  uccelli  sono,  in  so- 
stanza, mitici  apportatori  del  (ululine  4). 

IH  l'atto  consimile  a  quello  del  Brut  è  narrato  negli  Otta 
imperìalia  di  Gervasio  di  Tilbury  5);  un  francesi — il  Foissac  — 
scrisse  che  «  deux  naturalistes  célèbres  du  quatorzième  siècle,  Al- 
dobrande  de  Bologne  et  Hermolao  Barbaro  de  Venise  disent  avoir 
vu  quelque  fois  à  des  hauteurs  ronsidérables  des  corlieaux  dont  le 
lice  jetait  une  vive  lumière  par  Ics  temps  d'  orage  »  (1).  Con  Aldo- 
brando,  Ermolao  Barbaro  oratore  della  Serenissima  li  avrà  veduti 
in  quel  medesimo  cielo    fantastico  dove  ,  secondo  il  Yossio  ,  altri 

1)  Le  roman  de  Brut  par  Wace,   publié  par  Le  Rodx  de  Lincy,  Tome  II, 
Rouen,  1838:  v.   14001  sgg. 

2)  Hist.  nat.,  X.   13.  Cfr.  anche  X.   18. 

3)  Die  Herabkunft  des  Feuers  und  des  Oòttertrankes,  Berlin,  1850,  pag.  31. 

4)  Cfr.  Kuhn,  op.  cit.,  214  sg. 

5)  Des  Gekvasius  von  Tilbury  Olia  Imperia  Ha,  hg.  von  Felix  Liebrecht, 
Hannover,   1856,  pag.  81   (Anmerk.   10). 

6)  Métereol.  I,  150:  citato  da  L.  Laistxer.  Nebehagen,  Stuttgart,  1879,  p.  252 
Anmerk. 


-  31    - 

scorgeva  dei  corvi  svolazzare  portando  fuoco  nel  becco  1  ).  Le  varie 
i  le  germaniche  di  uccelli  incendiari  ravvicinò  il  Mannhardt 
ai  corvi  indiani  che  mettono  in  fiamme  i  nidi  delle  civette  2);  e 
non  germaniche  solamente,  ma  ve  n'  ha  'li  russe  e  inglesi  e  arabe 
e  persiane  e  africane  e  chi  sa  quant'  altre  ancora.  Nel  Tirolo  du- 
rante una  carestia  si  videro  corvi  incendiare  le  case  con  i  carboni 
ardenti ,  ed  il  medesimo  si  narra  in  Sassonia  e  nel  basso  Harz  , 
dove  1'  anno  1  191  l'unni  visti  curvi  neri  e  altri  uccelli  venuti  d'  In- 
ferno a  sparger  il  fuoco  coi  carboni  che  [asciavano  celere  dal 
becco  3).  Il  Corano  sa  'I' una  schiera  d'uccelli  che  gettano  pietre 
ili  fuoco  sopra  un  esercito  'li  cristiani;  Hyde  nanfa  che  in  Persia 
i  principi  usano  legar  piccoli  l'asci  d'  erba  secca  a'  piedi  degli  uc- 
celli i  quali  volando  per  piani  e  monti  apportano  dovunque  1'  in- 
cendio 4).  Altre  leggende  'li  Germania,  'li  Svizzera,  'li  Boemia  attri- 
buiscono alla  cicogna  questo  potere  'lei  fuoco  :  -e  le  vieti  rapito 
un  nato,  essa  infiamma  con  un  carbone  tolto  al  focolare  la  casa 
•  lei  rapitore  5).  La  stessa  origine  orientale,  li»  stesso  fondamento 
co  sono  comuni  a  tutte  le  tradizioni  di  tal  genere  :  ma  il  poeta 
delln  nostra  novella  trovava  già  a' suoi  tempi  il  cielo  d' occidente 
pieni)  d'incendiari  alati,  e  per  concedere  agli  amanti  un'ora  'li 
felicità  ,  si  valse  ili  queste  fantasie  popolari  ,  cune  ad  un  motivo 
popolare  s'era  ispirato  nella,  prima  parte  'Iella  sua  narrazione  6). 


i)  Mannhardt,  in  Zeitschrifl  far  deuUche  Alterthum  unddeutsche  Litteratur, 
22  Band,  Berlin,  1878. 

2)  /..  cit.,  pag    '  bereinslimmung  deulscher  und  antiker   Volksùb 
ten.  Cfp.  Felix  Liebrecht,  Zur    Volkskunde,  Heilbronn,  1879,  p.  109  -s^. 

3)  Orasse,   Der  Sageruchatz  de»  Kónigrcichs  Sachsen,  Dresden,  1855,  p.  ,17, 
n.  288.  II.   Pròhi  i  tlerharzes  oon  der  Gra f scita ft    Wernìgerode   bis 

■  afsehaft  Stolberg  und  zar  Rossirappe,  Leipzig,  1859,  neue  Ausgabe,  p.  52. 
Ij  limi:,    Veterum  Persarum  eie.  Relig.  /list.  Ed.sec,  Oxonii,  1760,  p.  25 
i      tato  dal  Liebrecht,  op.  cit.,  p.  262 
•"»)  Mannh  irdt,  /.  i  rt.,  p.  18. 
6)  l'i  que  i  •  parere  Bembra  essere  il  RÒMER ,  quando  accennando  alla  novella 


-  :ì'2  - 

ni  ,  i", i  ,1  medesimo  poetai  La  questione,  oome  li"  avvertito 
da  principio,  fu  dibattuta  fra  il  Bartsoh  e  lo  Stengel,  e  rimase 
insoluta.  ■•  \iiinut  de  Caroasses,  ohe  si  nomina  alla  fine  della  ver 

,,,,,,,.  fij  u  —  scrisse  lo  Stengel  illustrando  il  testo  di  .1  —  non  è 
affatto  indicato  nella  versione  presente.  Ne  forse  ciò  è  da  attri- 
buire allo   stato   unitilo  di  questa  copia  1):  Arnaut  de  Carcasses 

componeva  il  suo  poema,  come  dice  egli  stesso, 'per  l<>s 

mariti  fistiar  Que  volo  lors  molhers  garar  Que'h  laissen  u  l<>r 
pes  anar\  Ora,  questa  tendenza  non  trasparisce  punto  nella  ver- 
sione   nostra V  me   sembra  che  questa  storia  [di   K|  più 

complicata  <v  ricercata  dell'  altra  ,  non  sia  che  un  rifacimento  ili 
Arnaut  de  Caroasses  sopra  la  versione  che  adesso  viene  in  luce, 
rifacimento  sul  (piale  è  innestata  quella  nuova  tendenza  satirica. 
La  nostra  versione  sarebbe  dunque  la  originale,  ed  il  suo  autore 
un  anonimo  ».  Cosi  l<>  Stengel  2).  Nulla  aggiunsero  a  questo  giù 
dizio  il  Wesselofski  ,  pubblicando  il  frammento  riccardiano  della 
novella  3),  ed  il  Napolski  che  in  queir  occasione  dava  in  luce  le 
varianti  del  cod.  estense  e  del  primo  frammento  ambrosiano  4)  : 
ma  quegli  disse  prematura  ogni  conclusione  prima  che  tutti  i  ma- 
noscritti fossero  ben  noti,  questi  non  fece  che  accennare  al  pro- 
blema.  Per  il  Bartsch  invece,  Arnaut  de  Carcasses  è  senza  dubbio 
il  poeta  del  testo  originario.  Considerando  che  il  primo  frammento 
di  ti  si  chiude  appunto  con  quel  verso,  dopo  il  quale  incomincia 
la  divergenza  fra  J  e  R,  e  che  le  due  redazioni  G  J  sono  fra  loro 
intimamente  congiunte,  ne  deriva  che  probabilmente  J  proviene 
con  G  da  una  l'onte  comune  mutila,  comprendente  il  principio  fino 
al  verso 

J  124.      Coni  hieu  ai  fag  per  vostr' amor  5) 

del  Pappagallo  scrive  (op.  cit.,  p.  04,  Anmerk.  10)  :  «  Zu  solchen  Sagen  von  brand- 
stiftenden  Vògeln  hat  Fel.  Liebrecht  reiche  Nachweise  geliefert  ». 

1)  Mostrerò  in  seguito,  che  J  non  è  per  nulla  mutilo. 

2)  L.  cit. 

3)  L.  cit. 

4)  L.  cit. 

5)  G  98,  R  130. 


-  33  - 

e  tutto  il  seguito  in  .J  sarebbe  un  arbitrario  compimento  del  co- 
pista. Naturalmente,  con  la  seconda  parte  dell'  originale  veniva  a 

mancare   anche    il  nome  del  i ta  ,  ricordato  nella  chiusa.  «  Ich 

kann  nicht  finden  —  aggiunge  il  Bartscb — dass  die  Erzàhlung  in 
-I  die  einfachere  sei.  man  miisste  denn  einfach  mit  inhaltlos  iden- 
tisch  nehmen.  Der  Verfasser  des  Schlusses  J  weiss  ofienbar  nicht 
recht,  wie  er  die  Geschichte  zu  Ende  bringen  soli  ;  er  hai  uicht 
die  geringste  Erfìndungsgabe  1 1  ».  La  prolissità  delle  dichiarazioni 
«  cui  s'  abbandona  1"  amante  contrasta  con  la  graziosa  uarrazione 
della  prima  parte  ;  il  teste,  inoltre,  uon  ha  conclusione,  e  per  di 
più  il  nome  'li  Antifanor  che  nella  prima  parte  è  ripetuto  cinque 
volte,  nella  seconda  non  apparisce  :  cosi,  quanto  in  .1  è  diverso  da 
R  rappresenta  il  disgraziato  tentativo  ili  riempire  una  lacuna.  La 
vera  conclusione  sta  nel  testo  integro  conservatoci  da  R  2). 

Queste  induzioni  il  Bartsch  accompagnò  con  una  prima  clas- 
sificazione dei  manoscritti  R  J  (i  (quest'ultimo  pel  solo  primo  frani 
mento  Dinç  un  verçer),  e  del  riccardiano  eh'  egli  contrassegnò  con 
la  sigla  II.  A  me  spetta  ora  di  riprender  «-un  più  ricco  materiale 
quest'  esame,  tenendo  conto  dell'  altro  frammento  Eu  amari  iur  in 
G  e  D.  oltre  che  per  i  testi  inediti  G'  e  1),  anche  per  tutti  gli  al- 
tri mi  son  giovato  direttamente  dei  codici  in  Firenze  ed  in  Mila- 
no. L'  illustre  prof.  A.  Morel-Fatio  ha  voluto  collazionare  per  me 
il  parigino  R,  con  una  cortesia  di  cui  gli  rendo  pubbliche  grazie  3). 

Se  consideriamo  la  questione  semplicemente  da  un  punto  di 
vista  generale,  tanto  i;  quanto  •'  possono  rappresentare  la  reda- 
zioni' originaria  ;  vale  n  dire,  tanto  è  probabile  che  un  racconto 

i)  L.  cit. 

2)  Non  capisco  perchè  il  Bariseli  a  questo  punto  scriva  :  «  es  ist  nicht  entfernt 
daran  zu  denken,  dass  dieser  Schiusa  K  oder  seiner  Quelle  vorgelegen,  und  von  Ar- 
naut  de  Carcasses  das  anonyme  Gedicht  er<t  umgearbeitet  worden  sei  ».  0  p>  rchè, 
dato  il  suo  ragionamento,  Arnaut  non  sarebbo  senz'  altro  1'  autore  ?  Il  testo  dice  eh'  ei 
/fa  la  novella. 

3)  La  stampa  di  J  procurata  dallo  Stengel  non  era  priva  ili  s\  i<ie:  alcune  cor- 
rezioni si  leggono  cella  ZtiUehrifX  /'.  rom.  Phil.,  II,  198.  Cosi  qualche  imprecisione 
è  anche  nel  lesto  ili  O1   neWArchiv  (/.  cit). 


-  34   - 

pììi  povero  fosse  poi  svolto,  ampliato,  modificato  da  un  altro,  quanto 

.•  probabile  '-li''  il  testo  più  rio» omplesso  venisse  da  un  Mitro 

poeta  senapi i Acato  ;  infatti  due  valenti  come  il  Bartsch  e  lo  Stengel 
poterono  scendere  in  oampo  per  l'  una  e  per  l'  altra  opinione.  Così 
;i  spiegar  la  divergenza  nella  seconda  parie  di  R  e  -I  si  potrebbe 
teorioamente  supporre  che  il  poeta  della  prima  come  quello  della 
seconda  redazione  si  fosse  trovato  innanzi  un  testo  mutilo  come 
ivesse  dovuto  seguire  per  suo  conto  la  narrazione.  Il  Bartsch, 
che  aveva  studiato  in  precedenza  i  rapporti  dei  manoscritti,  vide 
subito  che  autore  della  continuazione  del  testo  mutilo  era  il  poeta 
di  J.  Di  il  è  qui  inutili'  parlare  :  lo  scrittore  ,  cui  stava  innanzi 
una  Ponte  della  famiglia  GJ,  lavorò  ili  memoria:  ma  forse  questa 
gli  falli,  e  non  gli  permise  ri'  andar  molto  lontano,  si  eh'  egli  s'  ar 
resta  prima  del  punto  in  cui  comincia  la  divergenza.  Prima  'li 
controllare  con  1'  esame  dei  testi  l'  osservazione  del  Bartsch,  posso 
ancora  alla  mia  volta  appoggiarla  con  nuove  ragioni.  Lo  Stengel 
osservò  che  in  J  i  versi  dal  n.  189  in  poi  contenenti  una  lunghis- 
sima promessa  'li  fede  giurata  sugli  Evangeli,  «  destano  grave  so- 
spetto i-In'  sieno  stati  aggiunti  posteriormente  ».  Vedremo  in  se- 
guito comi'  il  contenuto  'li  quéi  cinquantasei  versi  giustifichi  pie- 
namente un  tale  sospetto:  ma  basti  per  ora  considerare  come  due 
testi  sfuggiti  allo  Stengel,  Gs  e  D,  riproducano  per  V  appunto  que- 
sto frammento,  come  indipendente;  ed  esso  in  origine  appartiene 
così  poco  alla  novella,  che  lo  vediamo  comparire  in  quel  medesi- 
mo canzoniere  G  il  quale  contieni'  soltanto  in  seguito  il  principio 
della  novella  stessa.  Il  Bartsch  comprese  questo,  che  non  diremo 
più  frammento,  fra'  domnejaires  provenzali  1):  infatti  i  primi  versi, 
leggermente  modificati,  come  vedremo,  in  J,  suonano  cosi  : 

(,!))  Eu  amanz  iur  e  promet  a  vos 
bella  dompn'ab  diz  amoros  2), 

e  V  ultimo  : 


1)  Grundrìss,  p.  41. 

2)  G  :  1.  amati  ;   [a]. 


-  35  - 

(In   Dompna,  per  aquest  sanz  avaogelis  i)  ; 

cosi  che,  secondo  il  costume  del  domnejaire,  si  comincia  e  finisce 
col  richiamo  della  donna.  Parve  allo  Stengel  che  1'  ultimo  verso, 
isolato,  rivelasse  incompiuto  il  suo  testo,  mentre  si  tratta  invece 
d1  una  special  forma  di  conclusione,  sul  genere  del  senher  marques 
che  sta  in  coda  alle  epistole  di  Ramhaldo  di  Vaqueiras  ;  1'  invo- 
cazione degli  evangeli  riprende,  come  un  ritornello,  un  pensiero 
uià  espresso  innanzi  (v.  33  sgg.).  11  metro,  che  troviamo  usato  di 
frequente  ne'  salutz  provenzali,  era  lo  stesso  metro  della  novellai). 
Questo  nostro  domnejaire  è  anonimo  ne'  mss.  che  lo  contengono 
in  dipendente .  ed  in  <1  tien  dietro  alla  nota  einzone,  dello  stesso 
genere,  di  Arnaut  de  Maruelh  Domna  genser  >/"<■  un  sui  dir. 

\ppare  dunque  fuor  d'  ogni  dubbio  che  il  poeta  di  J  abbia  con- 
tinuato a  modo  suo  la  novella  ,  (die  si  trovava  essere  incompleta 
nella  sua  fonte,  aggiungendovi  arbitrariamente  il  domnejaire,  del 
quale  alterò  alquanto  il  primo  verso,  per  collegarlo  col  resto,  senza 
pensare  eh'  esso   veniva   ad   avere   una   sillaba   in   più  : 

Et  hieu  vos  amans  jur  e  promet. 

11  giudizio  ;,  cui  dà  luogo  l'esame  esterno  dei  testi  sarà  ancor 
meglio  confermato  da  un  breve  sguardo  al  contenuto.  Abbiamo 
visto  come  il  racconto  di  R  si  svolga  armonico  in  ogni  sua  parte, 
come  ogni  episodio  abbia  confini  ben  misurati  nel  disegno  gene- 
rale ;  d'  altronde  il  tono  semplicemente  narrativo  non  sconfina  mai 
nella  lirica,  e  i;i  stessa  morale  della  l'avola,  conclusione  maliziosa 
per  mezzo  della  quale  il  poeta  dà  un  line  alla  sua  novella,  viene 
brevemente  accennata.  Non  era  quello  il  medesimo  line  a  cui  mi 
rava    Kaimon    Vidal   col   suo   Castia-gilos  ?  .'{) 

1)  G  :  soinz  evangeli. 

2)  V.  sulla  forma  metrica  dol  sa/ut  provenzale  e  francese,  I'.  Mkyf.k,  Le  talut 
il'  amour  dati*  le*  littérature*  provengale  et  françaite,  Paris,  isr,7,  pag.  G  segg. 

3)  Cfp.  Cattia-gilot,  v.  412 

Vos  vuoili  pregar, 


-    .Hi    - 

il  racconto  'li  J,  invece,  6  oome  una  tela  da  cui  sia  stato  ra- 
schiato il  colore.  Appena  vien  meno  la  Ponte  a  cui  attinge,  il  nar- 
ratore comincia  a  incespicare.  Le  scene  cosi  ricohe  'li  movimento 
ohe  preparano  l'incontro  degli  amanti,  l'andirivieni  del  | » <•  » ( > | > .•  i — 
vallo.  In  stratagemma  dell'  incendio,  I'  abbondanza  de'  particolari  : 
tutto  quanto  costituisce  il  miglior  pregio  'li  R,  scompare  senza  la- 
sciar tracia  'li  sé,  e  oi  basta  sapere  che 

.1  \ .  iv.i    io  cavalier  b'  en  es  anaz, 
Dins  el  vergler  el  es  intra/.. 

Che  questo  dovesse  avvenire,  era  chiaro  da' discorsi  precedenti: 
ma  il  duovo  poeta  non  sa  aggiungervi  nulla.  Bensì,  appena  L'amante 
è  entrato  uel  verziere  ,  muta  il  tono  <lel  racconto.  R  presentava 
qui  subito  una  silenziosa  e  vivace  sema  'li  passione,  interrotta  poi 
bruscamente  dal  pappagallo  spaventato,  corso  ad  annunziar  la  fine 
dell'  incendio  :  i  due  scambiano  a  stento  poche  frettolose  pai-ole  ili 
commiato  cavalleresco  : 


vos  e  ma  clona  la  reyna 
en  cui   pretz  e  bentaiz  s'aclina, 
qne  gilozia  delendatz 
a  totz  los  homes  niolheratz 
que  en   vostra  terra  estati  ; 
qne  donas  tan  gran   poder  an, 
elas  an  ne  tan  gran    poder 
qne  messonia  fan  semblar  ver 
e  ver  messonia  eissamen, 
can  lor  piai,  tan  an  sotil  sen. 
Et  lioni  gart  se  d'  aitai  mestier, 
que  no'n  esti'  en  cossi  rier 
tostemps  mais,  en  dol  et  en   ira, 
que  soven  ne  planh  e-n  sospira 
liom  que  gilozia   mante. 


-   37    - 

K  v.  L'st;    'Dona,  que*m  voldretz  vos  mandar?' 
'Sener,  que-us  vulhatz  esforsar 
De  far  que  pros  tan  can  poiretz 
en  est  segle  tan  cant  vieuretz  '  ; 

poche  parole,  con  una  premura  in  proporzione  del  pericolo.  Tut- 
ti' altro  è  in  -I  lo  svolgimento  ili  questa  scena  :  la  donna  con  lunghe 
dichiarazioni  si  offre  all'  amante,  purché  egli  le  prometta  fede  ;  e 
quando  Antifanor  si  dispone  a  contentarla,  ella  rinunzia  con  per- 
fetta coi'tosin  al  giuramento. 

J  v.  iti:;    .  .  .  en  vos  mi  voill  hieu  6zar, 
Per  vostras  volontatz  a  far 
Et  aissrm  met  ses  tot  turar. 

Sappiamo  che  anche  qui  sul  più  bello  ricompare  1)  l'uccello  di- 
sturbatore :  nunzio  non  già  dell'  estinto  incendio  ,  ma  del  marito 
che  s'approssima  e  sta  per   suonare   alla    porta.  Così  la  scenetta 

originale  che  in  .1  era  ''(.si  ben  coordinata  con  l'azione  pr lente, 

diviene  qui  un  luogo  comune  tolto  a  prestito  dalle  albe.  Segue  l'in- 
terminabile commiato  dell'  amante,  che  ci   è  noto. 

Che  questo  facesse,  in  origine,  parte  da  sé  stesso,  risulta  oltre 
che  dal  trovarsi  isolato  nei  manoscritti  G  e  D,  anche  da,  altri  ar- 
gomenti. Ognuno  avverte  Y  inopportunità  d'  un  commiato  in  cin- 
quantasei versi  .  con  un  marito  alle  porte  !  E  per  esso  la  narra- 
zione si  trasforma  in  lirica,  dall'  intona/ione  semplice  e  briosa  della 
novella  si  passa  alla  gravità  cortigiana  e  verbosa  dell'  amor  cor- 
tese  :  tutta  quella  tirata  non  è,  per  giunta,  che  un  lungo  giura- 
mento, quando  di  giuramenti  la  donna  non  voleva  più  sapere.  Da 
ultimo,  se  il  racconto  'li  R  accompagna  il  cavaliere  alla  porta  del 
giardino,  quello  di  •'  rimane  sospeso  —  senz'  esser  mutilo  —  e  privo 
di  conclusione.  Ed  una  conclusione  potremo  trarre  noi  dal  nostro 
esame,  ripetendo  il  giudizio  col  quale  1"  avevamo  incominciato  :  che 


1)  Pareo,  dice  senz'  altro  il  testo:   mentre  H  descrive  assai  bene  lo  sbigottimento 
del    pappagallo. 


-  :;h  - 


i;  ,■  il  testo  originario,  ed  Afnaul  de  Carcasses,  per  conseguenza, 
il  vero  poeta  della  novella. 


Di  Aniaiit  de  Carca8868  >i  potrebbe  ripetere  oggi,  con  buona 
coscienza,  quello  che  oento  ventisette  anni  or  sono  ebbe  a  dirne 
il  Millot:  che   a  ce  troubadour  esl   absolument  inconnu»    I).    De 
Carcasses,  '•ine  nativo  della  piccola  regione  in  cui  si  trova  Carcas 
gonne  e  chiamata  appunto  Carcasses,  ha  scritto  il  Bartsch  e  ripe 
tutu  I"  Stimming  2);  non  certo  della  ritta  stessa  di  Carcassonne, 
perchè  in  questo  caso   <-i   aspetteremmo   Carcassones ,  come  Nar 
bones  da  Narbonne  ,   e  in  ogni  modo    la  preposizione   sarebbe  'li 
troppo  •"". 

chi'  un  trovatore  prendesse  nóme,  anzi  che  dalla  città  o  dal 
borgo  della  nascita,  da  una  intera  regione,  è  cosa  che  unii  parrà 
strana  a  ehi  ricordi  altri  ninni  illustri  come  quello  di  Peire  d'Al- 
vernhaj  ne  l'uso  richiedeva,  innanzi  a  quel  nome,  l'articolo  o 
la  preposizione  articolata  !)•  Potrebbe  tuttavia  nascer  la  tentazioni* 
di  attribuire  al  nostro  trovatore  una  patria  un  po'  meno  indeter- 
minata. Nel  Carcasses,  che  ì'u  a' suoi  giorni  lontani  contea  e  ve- 
scovado ,  si  trova  un  minuscolo  villaggio  che  porta  il  medesimo 
nome,  un  'hameau',  antico  più  che  non  ci  occorra,  e  non  privo 
di  storia.  Del  'pagus  Carcassensis',  nel  territorio  della  Roque-de- 

i)  II,  290.  Gfr.  Stimming,  op.  cit.,  p.  13:  [A.,  v.  C  ]  «  von  dem  wir  aber  sonst 
nichts  wissen  ». 

2)  Bartsch,  Grundriss,  p.  21;  Stimming,  /.  cit. 

3)  Ha  torto  il  Balagier,  quando  chiama  Arnaldo  «  el  de  Carcassona  ó  de  la 
comarea  de  Carcassona  »  (Historia  politica  y  literaria  de  los  trovadores,  II,  Madrid 
1878,  p.  37.  Anch' egli  aggiunge  che  di  questo  trovatore  «no  se  tiene  noticia  al- 
guna  ». 

4)  Cfr.  La  chanson  de  la  croisade  contre  les  Atbigeois,  ed.  par  P.  Meyer;  I, 
Paris,  1875;  v.  897(5  En  Robertz  de  Tinhes  ab  lor  de  Carcasses;  v.  anche  i  vv.  293, 
2913,  3500,  3974,  3034;  Mila  y  Fontanals,  De  los  trovadores  en  Espana,  Barce- 
lona, 1889  (Tomo  secundo  de  las  Obras  completas),  p.  142,  179,  181.  Così  non  ha  fon- 
damento di  sorta  M.  Lafon,  quando  scrive  (op.  cit.,  p.  108)   Arnaut  du  Carcasses. 


-  39  - 

Fa,  è  l'atto  ricordo  in  una  donazione  di  Carlo  il  Calvo }  l'anno 
870  I).  Nel  1260  un  Olivier  de  Termes  lo  vende  al  re  Luigi  IX, 
e  dal  re  lo  ricomprerà  Andrea  ile  Barre  il  sei  maggio  1666,  dopo 
che  in  nome  suo  molti  signori  l'avranno  tornito.  Minuscolo  borgo, 
presso  la  Roque-de-Fà  a  cinquantacinque  chilometri  ila  Carcasson- 
ne  che  nel  secolo  XIII  si  disputavano  i  signori  'li  Termes  e  1'  ali 
bazia  'li  La  Grasse,  Carcasses  non  contava  che  otto  famiglie  nel 
maggio  1366  :  «  loco  de  Carcassezio  loci  8  ».  Umili  fuochi,  ili  certo; 
eppure  ò  rimasta  in  vari  documenti  traccia  .li  persone  oscure  clic 
vi  si  scaldavano  sette  secoli  or  sono.  Un  'Valguerius  ilo  Carcas 
ses  .  et  Guillelmus  frater  ejus  ',  erano  fra'  militi  di  Guglielmo 
de  Pietrapertusa  che  il  22  maggio  1217  giurava  fedeltà  a  Simone 
•  li  Montfort  2).  Fra  le  deposizioni  l'aite  ai  regi  inquisitori  in  Car- 
cassonne  fra  il  1259  e  il  1262  una  ve  ne  fu  che  riguardava  una 
'Ferranda  do  Carcassesio'  la  quale  'era!  apud  Carcassesi uni,  quan- 
do castro  do  Carcassesio  fuil  captum  per  gentes  domini  regis '  3). 

Si  tratta,  in  questo  come  noi  primo  caso,  del  villaggio,  e  non  della 
regione.  Se  di  costoro  fu  conterraneo  Arnaui  de  Carcasses,  certa- 
mente dovè  viver  lungi  dal  tetto  nativo  per  apprendere  il  signo- 
rile spirito  cavalleresco  che  informa  la  sua  novella  :  ma  humili 
lum  natus  sarchile  egli  pur  nel  significato  latino,  fra  quegli  otto 
focolari,  mal-rado  la  particella  onorevole  eho  sta  innanzi  al  suo 
nome.  Risolvei'  la  questione  ,  non  mi  sembra  possibile  ,  perché  il 
poeta  non  ci  fa  sapere  altro  1).  <)  piuttosto,  .piale, sa  aggiunge,  che 
anche  può  dar  luogo  ad  altri  sospetti,  'piando  dice  di   sé 

oue  preex  a   l'aitz  per  manta-  res. 

1)  Questa,  e  le  altre  notizie  storielle  su  Carcasses,  si  trovano  in  MAHDL,  Cartulaire 
da  Archioet  de»  Communei  de  fancien  diocése  et  de  tarrondùeement  admninislratif 
,/,■  Carcauonne ;  voi.  Ili,  Paris,  1861,  pag.    12 

2)  Devic  et  VaíSSETE  ,  Ilistnir<  generali  d  Languedoc,  'l'um.'  Vili,  Toulouse 
1879;  eoi.  702. 

3)  /■/.,  VII,  col.  :t:.i. 

Sopra  un  pretesa  Arnaldo  >li  Cape un.'  che  avrebbe  vestito  l'abito  rei 

nell'ordine  fondato  'la  san  Pietro  Nolasco  e  approvato  da  Gregorio  IX  l'anno  1230, 
vedi  VHitt.  gin.  'li   Languedoc,  VII,  62. 


-    40    - 

Preex  \(>it,'i  dir  qui  'domanda  d'amore,  invito  amoroso'  I  Par© 

che  si  accenni  a  quale] pera,  anzi  a  varie  opere  anteriori;  ma 

quel   significato    mal    s'accordi a    le   parole  ohe  seguono:  per 

manta*  res.  A  questo  verso  tien  dietro,  secondo  ogni  probabilità, 
una  lacuna,  il  testo  è  sicuramente  corrotto;  si  «Ih-  il  senso  ne  ri- 
sulta anche  più  oscuro.  Porse  bisognerà  intendere  prec  nel  Benso 
generale  'li  'esortazione';  e  come  questa  novella  esorta  i  mariti 
a  guardarsi  dalla  gelosia,  cosi  altre  esortazioni,  altre  novelle  col 
line  d'  ammaestrare  -ara uhm  stati  i  prec  'li  cui  Arnaldo  si  dichiara 
autoi  iori  notizie  intorno  a  lui  non  è  possibile  sapere. 

\i  i  dove  tacciono  i  documenti,  voglion  parlare  i  dizionari  bio 
grafici.  Quello  universale  del  Larousse  afferma  senz'altro  che  \r 
iiant  de  Carcasses  morì  il  1270.  La  'Nouvelle  Biographie  generale' 
pubblicata  dai  Didof  l),  più  modesta,  si  contenta  d'osservare  che 
il  trovatore,  «  né  vers  le  commencement  du  treizième  siècle  »,  sa- 
rebbe morto  « probàblement  vers  1270».  Il  volume  contenente 
questa  notizia  è  del  1861  :  rifacciamoci  ancora  più  indietro.  Dopo 
il  1843  venne  in  luce  il  secondo  volume  della  Biografia  univer- 
sale Michaud,  in  nuova  edizione  3)  :  vi  si  legge  che  «  le  peti!  poème 
parati  avoír  joui  d'  une  grande  et  longue  celebrità  au  moyen-âge  », 
e  che  '<  la  vi'1  d'  Arnaut  de  Carcasses  ne  nous  esf  pas  connue.  On 
suppose  qu'il  mourut  au  retour  de  la  dernière  croisade,  vers  127n  ». 
La  notizia  ha  la  firma  ili  Ch.  Winter.  A  questa  fonte  rinvia  il 
Mahul  nelle  sue  indicazioni  di  cittadini  e  famiglie  ili  Carcassonne, 
'love  fa  cenno  del  trovatore.  La  prima  edizione  della  Biografia 
Michaud  (Parigi,  1811)  non  ha  nessuna  data  e  nessun  particolare 
intorno  ad  Arnaldo.  Bisognava  dunque  indagare  su  qual  base  si 
appoggiassero  le  notizie  della  seconda  edizione. 

Il  volume  XIX  dell' H istorie  littéraire,  pubblicato  vari  anni  pri- 
ma di  quella,  il  1838,  nasconde  la  chiave  del  mistero,  nelle  pagine 
che  1'  Émério-David  consacra  alla  novella  del  pappagallo  (Ò50-2). 

1)  Xouoetle  Biographie  generale,  publiée  par  MM.  Firmili  Didot  f  rè  res,  sous  la 
direction  de  M.  le  Dr.  Hoefer,  III,  Paris,   1801. 

2)  Biographie  universelle  Michaud,  Nouvelle  édition,  tome  deuxième,   Paris  et 
Leipzig  (senza  data.  Il  1»  voi.  è  del   1843). 


-   41    - 

Anche  qui  si  accenna  alla  «  réputation  doni  elle  parali  avoir  long 
temps  joui»:  sono  quasi  le  stessi-  parole  della  Biografia,  che  in- 
dubbiamente ebbe  qui  la  sua  fonte  ;  e  da  ultimo  s'  all'accia  un  so- 
spetto cronologico  :  «  Nous  supposons  V  auteur  mori  au  retour  de 
la  dernière  croisade  ».  Perchè  '.  lo  non  lo  so  davvero,  e  mi  con- 
forta  il  pensare  che  il  David  non  1<»  sapeva  ili  certo  ueppur  lui  : 
altrimenti  non  avrebbe  gettata  cosi  mula  la  sua  scoperta  ,  senza 
indicazioni  precise  ,  senza  mostrar  lontanamente  come  mai  quel- 
1'  idea  gli  l'osse  sorta  nel  capo.  Se  dobbiamo  sospettare  anche  noi 
ili  qualcosa,  io  indino  a  credere  che,  ritenendo  orientale  la  ma- 
teria del  racconto,  lo  scrittore  dell'  Histoire  littéraire  abbia  voluto 
mandare  in  Oriente  il  suo  poeta,  per  dargli  modo  ili  raccogliere 
direttamente  quell'ispirazione  d'oltremare;  e  per  un  simil  viag- 
gio, quale  occasione  migliore  della  crociata?  Il  poemetto  sembra 
appartenere  alla  tarda  poesia  provenzale:  adunque,  può  trattarsi 
dell'  ultima  crociata.  Così  il  povero  Arnaut  de  Carcasses  abbandona 
la  costa  sassosa,  sparsa  d'  uliveti  argentei,  della  sua  Provenza,  per 
muovere  in  guerra  contro  i  nemici  ili  Cristo  e  contro  la  serietà 
della  storia. 

La  stessa  leggerezza  aveva  già  mostrata  innanzi  quello  scritto 
re,  parlando  del  successo  che  l'opera  di  Arnaut  aveva  ottenuto 
ira  gli  altri  racconti  dello  stesso  genere.  0  che  ne  sapeva  lui,  co- 
uqscendo  un  sol  codice  che  la  contenesse  per  intero  '.  Ma  per  opera 
Bua,  la  leggenda  non  tardò  a  l'ormarsi.  Mentr'egli  accenna  soltanto 
al  ritorno  della  crociata  ,  il  primo  compilatore  che  segue  le  sue 
orme  fissa  1'  epoca  precisa  ili  quel  ritorno.  Il  secondo  tace  della 
crociata  ,  e  ricorda  senz'  altro  l'  anno  in  cui  «  probabilmente  »  il 
trovatore  muri.  11  terzo,  infine,  non  ha  più  scrupoli  :  anche  quel 
timido  avverbio  scompare,  innanzi  alla  vanità  che  pai-  persona  della 

■  lata    fantastica. 


-   l'_- 


De*  quattro  manoscritti  eh ritengono  la  prima  metà  della  no- 
vella, nessuno  e,  rispetto  agli  altri,  completo.  Ad  R  mancano,  in 
quella  parte,  undici  versi:  10-24,  133-36,  ed  in  luogo  del  v.  106, 
il  \.  100  trasportato  ila]  suo  posto  a  sostituire  il  verso  caduto. 
I  \\.  10-24  --"ili»  in  .Hill;  i  vv.  133-36  in  -iti.  Mancano  invece  a 
JG  i  versi:   111-22,  e  due  soli,  particolari   ai   due  codici,  vi  si 

no  in  cambio  dei  vv.  125-20.  <;  ha  poi,  oltre  queste,  al- 
tre deficienze  sue  particolari  :  i  quattro  versi  25-28  che  sono  in 
.ini;,  oltre  i  vv.  .>.">- 7 1 '■  ,  che  sono  in  EU  od  erano,  come  vedre- 
mo subito,  nella  fonte  di  il.  Quest'  ultimo,  alla  sua  volta,  non  può 
venir  pi-oso  m  considerazione  che  molto  alla  lontana.  Più  breve 
degli  altri  frammenti,  è  ridotto  in  così  cattivo  stato  dir  qua  e  là 
non  è  nemmen  possibile  riconoscer  la  misura  ilei  versi.  11  Wesser 
loiski  notò  ch'esso  è  inserito  noli' ultimo  foglio  del  manoscritto 
■  la  qualcuno  fin'  sembra  avere  scritto  di  memoria,  e  la  sua  ipotesi 
e,  mi  pare,  ancor  meglio  provata  dal  fatto  che  la  lingua  del  fram- 
mento è  singolarmente  mista  di  voci  francesi  e  provenzali,  le  prime 
sovrabbondanti  verso  la  tino,  dove  l'orse  la  memoria  precisa  fa- 
ceva più  diletto  ;  con  molte  tracce  di  ortografia  e  suoni  italiani. 
E  lo  scrittore  fu  certamente  mi  italiano,  che  ricordava  malamente 
i  versi  e  confondeva,  scrivendo,  le  due  lingue  d'  oltralpe.  Mancano 
i  w.  0-10,  31-34;  il  v.  35  è  invertito  col  seguente;  il  distico 
27-28  è  sdoppiato  in  quattro  versi.  Al  v.  X)  segue  subito  il  v.  4.'}, 
e  poi  alcune  parole  disordinate  che  sembrano  appartenere,  pel 
senso,  al  v.  72  ;  dopo,  in  quest'  ordine,  i  vv.  7'.»,  52-57,  44-45, 
82,  si -se. 

Venendo  a'  rapp  irti  fra'  manoscritti,  si  vede  subito  che  il  fram- 
mento G  (08  versi)  ed  i  124  versi  ili  J  che  appartengono  al  testo 
originario,  terminando  insieme  col  verso  che  nella  nostra  edizione 
ha  il  n.  14o,  debbono  esser  derivati  più  o   men  direttamente  da 


-    43   - 

una  fonte  comune,  e  formano  un  gruppo  distinto.  Abbiamo  veduto 
ch'essi  hanno  rispetto  ad  R  le  stesse  deficienze;  a  G  solamente 
mancano  in  più  altri  versi.  Di  fronte  a  questo  gruppo,  cui  s1  ag 
giunge  li.  sta  il  solo  R.  con  la  novella  intera. 

Le  lezioni  confermano  appieno  questa  classificazione.  Si  con- 
fronti il  distico  39-40  e  l'altro  105-106  che  in  R  è  trasformato 
da  un  errore  per  cui  a  sostituire  il  secondo  verso  caduto  è  in- 
trodotto qui  il  v.  109.  Si  veggano  inoltri'  i  vv.  7,  8,  12,14,  15, 
17-ls,  4-1,  52,  dove  ad  R  si  contrappone  il  gruppo  «'..HI;  e  do- 
ve il  testo  di  II  non  sovviene  stanno  ancora  ili  fronte  ad  R  i 
codici  (1-1  ne1  luoghi  seguenti:  v.  31,  32,  35,  46,  47,  48,  49,50 
51,  77.  81,  83,  87.  92,  94,  i»'.».  103,  107,  131;  tacendo  ili  con- 
cordanze minori. 

Tuttavia  la  relazione  Ira  <i.l  non  è  tale,  che  1' uno  possa  'Ieri 
vare  dall'altro,  che  anzi  moli''  varianti  li  dividono  ;  cfr.  per  esem- 
pio i  w.  In,  18,  Z4,  36,  38,  42,  15,  85,  100,  102,  104,  108, 
L36.  Anehe  no'  distici  citati,  39-40,  105-6  varianti  interne  con- 
trastano coir  armonia  delle  rime.  .Ne'  luoghi  discordanti,  s'  accor 
dano  a  volt.'  RJ;  vv.  in.  18,  45,  Imi;  RG  w.  85,  108:  tacendo 
anche  i|ui  ili  affinità  meno  rilevanti.  A  volte  <;  sembra  fondere 
le  lezioni  di  JR  ;  v.  38,  40,  12. 

n  non  merita  lungo  discorso;  basta  notar  la  sua  paren- 
tela con  GJ,  e,  quanto  ad  accorili  particolari,  al  v.  18,  GII;  al 
v.  2'.)  -1  n  ;  il  v.  21  tonile  le  varianti  di  (1.1.  Un  accorilo  con  R 
al   v.   55. 

Sebbene  completo,  R  non  e  privo  d' errori  e  per  questo,  nella 
parte  comune  con  GJ,  non  ha  spiccati  prevaleu/a  ili  autorità.  Ol- 
tre le  lacune  che  appariscono  dal  confronto  con  gli  altri  codici , 
sin  dove  questo  e  possibile,  altre  debbono  essere  nel  seguito,  delle 
quali  si  farà  cenno  nelle  note.  Più  d'  una  volta  nella  parte  in  cui 
l;  e  unico  si  hanno,  invece  di  due,  tre  versi  rimanti  Tra  di  loro  : 
Begno  non  dubbio  di  guasti  che  non  è  possibile  sanare  se  non  per 
induzione  (vv.  301  .:.  •';<>'.»  11  ;  cfr.  anche  i  vv.  193-96).  Alcuni  fra  i 
versi  che  gli  appartengono  in  particolare  non  vanno  esenti  da 
un  sospetto  d'interpolazione,  del  .piale  anche  saia    trattato    nelle 

note.     Ma    stampando    il     testo    ho    creduto    di    dovei'    tutto     ammette 


1 1  - 

re,  perchè  R  oome  il  solo  manoscritto  che  ^  contenga  intera  la  no 
velia,  doveva  esser  posto  a  fondamento  dell'edizione,  nò  sarebbe 
teeita  l' inconseguenza  di  abbandonarlo  in  principio,  quando 
poi  si  doveva  finir  col  seguirlo  ciecamente.  D'altronde  R  è  m- 
dubbiamente  più  vicino  all'originale,  e  gli  altri  mss.  del  gruppo 
opposto  non  valgono  che  per  uno;  onde  mi  smi  giovato  di  que 
Bti  soltanto  per  ristorare  qualche  lezione  errata. 

De' quattro  mss.  il  Bartsch  diede  il  seguente  albero  genealogico 
nel  quale  a  parer  nostro  vengono  avvicinate  più  del  dovere  le  varie 
redazioni  ■  î  «  - 1  gruppo  j,  derivate    dal  medesimo  archetipo    mutilo 


R  G         J         n 

Io  esprimerei   i  l'apporti"  ilei  codici  a  questo  modo 
X 


« 


R 


-   4."»    - 

Resta  ad  esaminare  il  domnejaire  uè'  tre  mss.  che  lo  conten- 
gono. Esso  conta  64  versi  in  <;,  56  in  J,  63  in  I».  <;  si  trova  ad 
aver  due  versi  che  mancano  agli  altri,  e  manca  a  sua  volta,  ri- 
spetto a  -il»,  del  v.  31.  Ben  maggiori  sono  le  lacune  diJ:  vv.  10, 
^.ì-^'i;.  55-56.  I  vv.  53-54  si  trovano  in  <i  trasportati  dopo  il  v.  58. 
Ne'  luoghi  seguenti  •'  si  discosta  egualmente  da  GD,  e  questi  ap- 
pariscono, salvo  lievi  differenze,  concordi:  vv.  2,  l,  7,  8,  12, 
12,  18,  54,  62.  Ma  d'altronde  <W>  hanno  fra  loro  moltissime  'li 
scordanze  che  li  mostrano  appartenenti  a  famiglie  diverse.  Si  con 
frontino  per  esempio  i  distici  19-20,  4546;  inoltre  i  vv.  3,  8,  IO, 
18,  21,  22,  23,  28,  29,  30,  32,  38,  39,  40,  42,  43,  14,  18,  52, 
,->:>.  ;,r,.  58,  59,  61,  63. 

.1,  malgrado  rappresenti  una  redazione  differente,  ha  maggiore 
affinità  con  D:  vv.  19,  20,  28,  30,  39,  14,  52.  Talora  anche  di 
scostandosene  mostra  una  lontana  parentela  con  quello:  vv.  15-6. 
Tuttavia  qua  e  là  siamo  ricondotti  a  una  fonte  di  tipo  G;  vv.  3, 
16,  10,  13;  cfr.  anche  v.  42  (que);  di  questi  luoghi  alcuni  pos- 
sono essere  stali  spontaneamente  alterati. 

Esprimendo  schematicamente  questi  rapporti,  avremo: 

x 


I) 


TESTO 


-    4!t    - 

l»ins  un  verdier  de  mur  serat, 
A  l'ombra  d'un  laurier  folliat, 
Anzi  contendre  un  papagay 
De  tnl  i'.i'n.  cuiu  ye*us  diray. 
Denant   min  don'  es  vengutz 
Kt  aporta-!  de  lonh  salutz, 
Et  ad  dig  :  •  dona  .  dieus  voa  sai  ; 
Méssatje  so^ .  no-us  sapcha  mal 
si  viis  die  per  que  soy  .* i i > ^ i 
Vengutz  a   vi»  cu  est  jardi. 
l.i>  mielher  cavayer  <•'  anc  Ibs, 
Ivi  pus  azaul ;  ed  pus  jo^  os, 
Antiphanor,  Io  filhs  del  rey, 
Que  basti   per  vos  lo  torney, 
Vos  tramel   salu  cent   mil  vetz 
E  pregauts  per  mi  que  Carnet?  : 
Car  senes  vos  no  poi  guerir 
Del  mal  d'amor  qued  fay  languir, 


R  non  /"(  piò  che  Din;  il  •  iato;  J  uergier;  <!  Dinç 

u.  uercer;  n  Denz  n.   verzier.  L'    Il    Ad  onbra;  G    loriet  foliat;  II  fogliai;  in  B 
tagliale  le  due  ultime  parole.        3  G   Auci;  il  Adi;  papagae.         I  -l<ì  Daital  raszon 
i'i  razon);  G  eus;  li   De  I  uos  drae.        5J  Dauanl  h.;  G  Denan  n.  domn'; 

li  Devant;    donn' ;    vengut.        C  J   liienli  ;    G   Ez  aportas   d.  long;    li  El    si  li  ap- 
pori' un  salut.        7  H  E  dis  li:  <•  Ez  aill  dil;  Il  El  a  ilit:   <i  domna  denj  R   dieu; 
il  donna  die  vii  salv.        8  J   Messatgiers  ;   G   Messagers  sui;  -U;  sia;  n  Mei 
sum,  ne  vu  sia  ni.  9  J  S'ieu;  JG  perqu'ieu  (G  aici;  n  manca;         1  *  *  *  i 

Aus  uenguz  in  es  i.;  il  manca.  Il  -I  meilhor  caualier;  G  mei  Uos  caualer;  n  Del 
miglior  cabbaler  cum  fus.         là  JG  El  plus  cortes  <■!  plus  i;  H  a/. mi;  Il  I>.'l  più 

.  del  pili  gioius.         13  R   Anli-  'e;  .1  n  Antifanor, 

tempre;   l!  •'  lilli;  G  lil:  n  fius  a  rej.         14  R  istil  I"  i.    Il  principio  del 

illeggibile;  il  Barttch  congetturò  a  pei  G  Q         I        D  che  per  vus  .i 

n basti  le  t.  15  R  Eus  t.  -.  e  :  G  satuz;  l  seni  mil]  ues;  n  Vus  man  salu  cen 
in.  feiz.  16  G  p.  uos;  .1  me;  il  Pre  vuz  |"-:  mei  elio  ll'ameiz,  17  .1  sofrir;  G 
su f.-i r  ;  li  Ch'il  -~ .» ; 1 1  \  ii --  no  pò  soffrir.  18  li  «mora  quem;  •!  Lo  mal;  G  Lo  mais 
d'a.  lo  f.  I.;  II  Li   mal  d'a.  le  fa   langhir.    IO  VI   m  m  ano  ad  It. 


.(I  - 

E  innlli.v  metgos  no'ilh  poi   valer 
Ma     voa  que  la\ etz  en  poder, 
\  i.s  in  |ioi!ri/  guerir  si'ua  platz  ; 
Sol  que  per  mi  li  trametatz 
Joya  que'l  pori  per  voatr'amor, 
L'auretz  estoH  rie  sa  dolor. 
Encara*ua  die  maya  per  ma  li' 
Per  que'l  tievetz  ;i\ er  merce  ; 
Car,  si'ua  play,  morir  voi  per  voa 
M,-i\   que  il'.-iiiti  a  viure  .j<>\  os.' 

Ab    tali    la    'luna    li    respOU 

Ei  a  li  dig  :  •  Amie  e  don, 
Sai  ea  \  engutz  e  que  sercatz  .' 


19  •'  limili  metge;  <ì  tini  II  meges»;  n  E  nul  mez  li  pò  v.  20  G  impoder;  n. 
Me  \uz,  die  ll'avez  in  poer.  21  •)  podes;  G  garir;  li  Le  poez  garir  se  vuz 
plaiz.  22  li  Che  p.  mei  le  tramettais.  23  J  Joilia  que  ilh  G  Joias  ;  IT  Zoias 
chel  p.  p.  vottr' amur.  21  .1  atires;  G  Lor  er  gariz;  n  si  II' aurez  gari  da  se 
doulur.  2.">-vs  u  mancano.  2.~>  .1  Anqttaraus  d.  H  may;  il  Ancor  vtiz  di  per  ma 
lei.  20  J  ilh;  II  che  in dm.-/,  a.  merzei.  27  K  siou^;  .1  Que  mais  ama  mo- 
rir per  vus;  II  III  ama  mieu.s  per  vus  murir.  28  li  per  autre  uieure;  J  Que  d'a. 
poderos;  D  Che  per  autre  donne  garir.  Seguono  nitri  due  versi:  III  a  me  mielz 
murir  per  vus,  Che  per  autre  donne  ettre  poderus.  2'J.  JG  Ab  aitan  la  dompna; 
G   il;  J    [li];   II   Al  tant   la   donna    respont.  30  G   A/,   ali    dit   amiez  ;  J   amicx  ;  II 

E  a  ilit  amich  e  doni.         31  G  Cai  ses;  JG  e]ni;  n  (1). 

(I)  Qui  Incomincia  II  a  sbizzarrirsi  peggio  die  mai.  Piuttosto  che  tener  conto  di  varianti  prive 
d'ogni  valore,  e  sparge  disordinatamente  nella  confusione  del  lesto,  riproduco  secondo  la  trascrizione 
del  Wesselofski  il  poco  clic  rimane  : 

Vus  est  abaltuz  in  vani 
32        Plus  que  nul  lumie  Cristian, 

Ch'  a   ine  donez   uni  tal  consil 

per  moni  mari.  —  Donna,  ze  non  die   ce  die  ne  s  vii  ine 

Ves  mari  mes  e'  autre  ren, 
.Me  puis  appres  celleamen 
Ainer  celili  die  inor  a  mal 


-  51  - 

Trop  me  parete  enrazonatz, 

Car  anc  auzetz  dir  que  rlones 

Joya,  ni  que  la  prezentes 

A  degun  home  crestia.  " 

Ben  vns  es  debatutz  en  va  ; 

Mas  car  vos  wv  tali  prezentier, 

Podetz  a  mi  en  sesi  verdier 

Parlar  e  dir  so  que  volres, 

Que  no  \   seretz  forsatz  ni  pres.  " 

E  peza*m  per  amor  de  vos, 

fai'  es  i-m  azauts  ni  tan  pros, 

•  ai-  m'auzetz  dar  aitai  cosselh.' 

'Dona,  et  ieu  m'en  meravelh 

Car  vos  'Ir  bon  cm-  non  l'amai/.'  '* 

'Papagay,  be  vuelh  sapiatz 

Qu'eu  ani  ilei  mon  lo  pus  aibit.' 

32    Iti   moli  mi;  .!   pares.  33  .1  auzes ;   Q  auses  ;  J  qu'ieu.         34  R  Joyas  : 

G  Çoia;  .1  qu'ieu;  K  las;  <i  /•*  parola  presentes  è  preceduta  da  una  ietterà  cancel- 
lata. 35  JQ  negun;  G  crestian.  36  lì  Trop;  ii  Mol;  enuan.  37  G  car  us; 
J  plazentier;  <•  presenter.  38  .1  Ni  os  uengutz  en  est  uergier;  G  Ni  es  ab  mi 
enest  uerger.  39  .1  Mi  pi»iles  dir  so  qu'a  uos  platz;  G  Ben  podez  dir  tot  zo  qeus 
plaz;  H  uolretz.  40  J  Que  non  seres  mortz  ni  nafratz;  Q  Qe  no  serez  inforzaz. 
Il  ii   pesam.         42  H  azaut;  .1  Que  tao  cortes  es;  G  Car  es  tan  cortes.         43  JQ 

Gar  mi  donas  (<i  donaz);  •'  conseilh;  li  conseill.         44  J   me  m.;  <;   I> pna 

mi  merveill.  45  <i  Com;  non  ama/.  46  G  Papagais;  JG  ben  uoilfa  (G  uoill) 
que  sapchatz.         17  .1  ien;   plus   ardii/.:   G  mond;  plus  ardii. 

Per  vellre  amor  non  agglc  Ingan. 
—  Papogae,  ir<>  *.i  blcn   p;iric-r  : 
Be  sa,  se  rosse  cabbalier, 
Be  -.niri^  donna  prlcr. 

Donna  de  vua  me  nieravil,  che  de  i :or  no  U'amez.  Nel  »n  remembre  <l<*  Flur  fi  «ir  Blaneeflar- 

d' Itotle  i  '  .uhm  Trlltan, 

E  ile  Tlsbe  co  alai  nerlna 
aict  pirleva  Perannm  I 


-  52  - 

•  l'i  s  08  cai,  dona  I     'Mo  marit,  ' 

•  .ics  del  mani  non  ea  razoa 
Que  sia  dol  tot   podoroa  ; 

\  1 1 1 .- 1 1 •  In  podetz  a  prezen, 
Vpres  devetz  seladamen 
Amar  aquol  que  mor  amari 
Per  vostr'amor,  ses  tol  enjan. 

•  Papaga) ,  trop  ea  I  eia  parliera , 
Par  me,  si  [bssetz  cavayers, 
Cjuc  jen  saupratz  dona  prejar. 
Mas  jes  per  tan  non  vuelh  laissar 
Qu'eu  no*us  deman  per  cai  razo 
De)    far  contr'  aissel  trassio, 

A  < ■  1 1 \   ay  plevida  ma  fé.' 
'  Dima ,  so  viis  dirai  yeu  be  : 
Amors  non  -ara  sagramen, 
La  voluntats  sec  lo  talen.' 

•  Vos  be  dizetz,  si  dieus  m'ajul  ; 
Ab  tan  vos  ai  yrii  doncx  vencut, 
Qu'eu   ani    inoli    marit    mav   que   l'i' 
Que  si'  o-l  moli,  'lo  bona  ie, 

E  Innli'  aiiti-'  amador  no  vnrlh. 
l 'oin  auzatz  dir  aitai  erguelh 
Qu'eu  ani  la  on  mos  cors  non  es?' 

-1S  ,t  qua!  per  dien;  G  cai  per  (leu;  JG  mon.  49  JG  Vostre  marit.  50  J 
Quel;  G  Qel.  ."1  JG  Lui  deues  (G  deuez)  amar  a  prezen  (G  presen).  52  J 
E  pueis  deues  e.  ;  G  E  pois  d.  celadamenz.  53  •'  Aissel;  G  Aucol.  54  G  se- 
nes  inçan.  55-76  mancano  u  G.  55  R  bel;  J  molt  es  gens.  50  J  Be  sai,  si 
foses  caualiers.  57  .1  q.  gerì  saupras  dompna  pregar.  58  J  ges  p,  so  n.  voilh; 
li  noni.  59  J  Qn'  ieu  non  d.  00  R  contra  luy  :  .1  failhiszo.  61  J  ai  dat 
m'amor  e  me.  02  ■'  aisous  .  63  R  amor;  .1  garda.  04  R  uoluntat;  J  uolon- 
lat  s.  el  t.  05  J  Ben  aues  iliy.  00  .1  Doncx  es  uos  ab  ailan.  07  J  S'  om 
ama  ren  per  bona  fé.  08  J  Hieu  ani  mon  marit  mais  que  re.  09  J  E  nuilh 
autre  a.  non  uoilh.  70  R  auzas;  J  Doncx  coni  anzes  tan  dir  d' e.  71  J  lai 
o.  mon  cor;    in  lì  le  •prime  parole  son  quasi  cancellate. 


-   53    - 

'Dona,  erguelh  non  die  yeu  ges; 
Par  iiif  que*us  vulhatz  corrossar  ; 
Pero,  si-iii  voletz  i 'scoiai', 
Ja  per  razo  do*us  defendretz 
D'Antiphanor,  que  non   l'ametz. 
Be*us  die  que  dreitz  es  veramen 
Que  devetz  amar  a  prezen 
Votre  marit  maya  e'  autra   re  ; 
Apres  devetz  aver  merce 
li'aiss.'l  que  min'  per  vostr'  amor. 
Tane  viis  membra  de  Blancaflor 
("  anici   Floris  -'v  tot  enjan, 
Ni  d'Izeul  que  amel  Tristan, 
Ni  de  Tisbes  i-ant  al  pertus 
Anet  parlar  ali  Piramus, 
•  "ain'  Qulhs  hom  qo  l'en  poc  cardar  : 
I-in  lieys  v./-  podetz  reniirar. 
('al  prò  v  auretz,  s'  Antiphanor 
Languis  per  vostr'  amor  ni  mor  Î 
Lo  dieus  d'  amor  e  sas  vertutz 
s,-i_\    que  voti  rendran   mais  salutz  ; 
E1  3 eu  metej s,  que  dezir  n'  a\ 

7:;  -I  mi  q.  uoiJh  i'/.        Ti  .i  M  i-:  <5  ■'  per  aisso;  R  noi.         Tt  ;  H 

ames.        77  li  Ben  J.  Seguono  parole  illeggibili,  che  il  Bai  ■'•  •  ■  el  es 

dreitz.  Aneht  ,  fino  alla  metà  del  v.  81,  /,<  ancellata;  mi 

attengo  qui  alla  trascrizione  fatlani  E         l> ,  quando  le  condizioni  erano  »ii- 

gliori.  veramens;  <;  diz  qe  <lii/.  78  '■  presen.  7'.'  li  maiy.  sii  .1  deues. 
si  I!  li-  Ii.\   i|ni:  <i   De  cel.        82  R  ,   Bartsch: 

.  .1    Blanqun    fior;  <•  Blanceflor.        83  J(  G   inçan.        sii; 

questo  tagliato.  •'    [zeus   com;   i>  fsetil  q\         85  H  Tih 

Bartsch\  >mi  dopo  il  ni  la  scrittura  Piramus  nel 

.1  Tibes  '-"Hi:  G  Tisbe  q.  a.  peitus.  80  JQ  a;  •'  Priamus.  s7  Q  unir:  .il  poi;  1! 
non  p,  tornar.  88  Q  lei  J  podes.  89  .1  n'aures  'A.;G  p.  ■'■  Ba  A.  9J  li 
dieu;  las;  <•  deus;  •'  sa  uertut.  92  •'  vos  en  rendra  mata  Balutj  Q  vos  en  r. 
malas  saluz.        93  -i  hieu  mezeis  qu'en  redirai;  '•   Et  eu  mete*  qe  en  dirai. 


-  54  - 

I le  voi  i"t   l"  mal  que  poiraj , 
S'  en  brou  fi1  ora  no  ni'  autrej  atz 
Que,  -'i'l  v  oa  ama,  voa  r  amatz.' 
■  Papagaj ,  si  dîeua  m'acoaaelh, 
Encara*ua  ilio  que^m  meravelh 
Car  voa  tan  geni  sabetz  parlar ; 
E  pueia  t.'int   me  volete  prejar 
li    ^.ntiphanor,  voatre  aenhor, 
li  ii  voa  reelam  pel  dieu  d'  amor, 
Vnatz  voa  en,  que  trop  estatz  ; 
E  pregui  voa  que  li  digatz 
Qu'  i  ii  in'  aeordaray  en  breumen 
Ivilli  mostraraj   tol  mon  talen. 
Kt  si  t;mi  es  que*m  vuelh'  amai-, 
1  »'  aitali  lo  podetz  conortar 
Que  pela  vostres  precx  l'amaray  , 
E  ja  de  luv  ih  i-in  partirà^  ; 
E  portatz  li*ra  aquest  anel, 
Qu'  el  mon  non  cug  n'  ava  pus  bel, 
Ah  sest  cordo  ab  aur  obrat, 
Que*l  prengua  per  ma  amistat. 
E  gardatz  vos  que  non  estetz: 
En  sest  verdier  m'  atrobaretz.' 
Ali  fan  In  papagays  respon  : 
'Dona,  fay  s'el,  si  dieus  be*m  don, 
Mot  a  aisi  azaut  presen  , 

94  JG  Tot  lo  mal  de  uos;  ,T  quieu  sabrai;  G  qe  salirai.  95  J  S'in;  G  [in']. 
96  .'  que  uos.  97  G  se;  R  dieu;  G  deus;  JG  mi  conseilli  (G  conseill).  98  J  An- 
quar  uos  die.  99  J  gerì;  G  zent;  R  [sabetz]  J  sabes.  100  G  Mais  pois;  R  pus; 
J  tan;  JG  mi;  G  pregar  R.  102  R  Luy  reclami;  G  Eus  reclamaz  p.  deu.  103  J  G 
uos  en]  a  lui;  R  qu'ieus  do  comiatz.  101  JG  pi'ec;  G  uos  ben;  J  quel  me  d.         105  J 

ieu  mi  a.  [en];  G  Q'eu  men  aeordaria  b.  100  R  manca;  G  A  mostrarli.  107  G 
tan;  qel  uoilla;  J  quel  uoilh.  10S  J  aisso.  109  JG  per;  G  nostre  prec  l'ame- 
rai; R  sta  in  luogo  del  v.  JOC>.  110.  JG  iamais;  G  non;  R  manca.  111-122 
sì  trovano  solamente  in  H. 


Kî   yen  portar  l'ay  veramen  ; 
E  car  avetz  tan   bel  esgart, 
Saludar  1"  av  ile  vostra  part. 
Dona,  sei  dieus  que  un  mentic 
\  ■  is  di.  d'  Antiphanor  amie, 
Jvm  lays  vezer  e'  abans  d'  un  .-in 
1/  araes  de  cor  ses  u>\  enjan.1 
Ali  tan  partorì   lor  parlaraen. 


De  layns,  car  .-i<-  gran  talen 
1).'  l.'i  don  '  e  'l'  Antiphanor. 
Del  vergier  joyos  ses  demor 
\u-fj.  ;i  son  senhor  es  vengutz, 
E  corata-!  com  s'  es  captengutz: 
Premeiramen  1'  a  comensal 
Lo  gran  pretz  e  la  gran  beutal 
De  la  dorana,  si  m'  ajul   fes  ; 
I'".  il'  aisso  a   l'.-iit  que  cortes. 
Pueys  li  a  dig  :  '  Senher,  jamays 
Non  er  uoiritz  tata  papagays 

123  G  eel  deus;  R    dieu.         124  -I  l'I'!:  G    don*.         125-130   sono    in  R;  JG 
hanno  invece  i  du  nti  : 

.1  Lo  papagai  (G  -s)  fo  moli 

I  ■■/)  i"i  del  uergier  cochos  (G  nerçier  coitos). 

Fra'  ov.   127-8  dea' estere  una  lacuna;  c/r.  le  note. 

[30.  li  Ione  demor.        131  •'  Danan  -.:  G   Denan  *.:  1«  uengut.        132  ■'  mo- 
strailb;  G  monstre  il;  li  co;  captengut.        l33-3<$  mancano  «</  li.        133  <;  preme- 
rament;   comenzat.        134    G  granz;  granz  beltat.        135  J  dompna.        i 
auzo;  J  fea  moli  que.        131  B   E  pueyg  l'a.;  G  Poia  li  ;i  dit;  li  iam»y.        138  J 
Duilhs;  <i  Dui;  H  papaj 


-   56  - 

lìue  L'in  digua  per  son  senhor 

<  uni  \ cu  ,-i\   » 1 1 •_*  per  \ osti*1  amor. 
I lina  '■!  \ erdier  ni'  ane>   suau  : 
\m  \ olia  qu1  ''"  ni"n  esclau 
Se  pogues  metre  nulha  rei  ; 
M;i\    \ olri  '  esser  soutz  que  pres. 
La  dona  trobey  veramen, 
De  vostr'amor  li  li  prezen, 
!•;  trame!   vos  aquesl  anel, 
Qu'  fi  muli  min  cug  n'aj a   pus  bel, 
\li  sesl  cordo  .-ili  aur  obrat, 
Que'l  prendatz  per  sa  ami  stai  ; 
M  prendetz  lo  per  su'  amor, 
Que  dieus  vini  ilo  In'  et  honor. 
Mas  jes  no  sa>    per  cai  razo 
.Xml  prenguam  sonh  ni  ochaizo 
Que  puscam  el  verdier  intrar  ; 
.ics  un  vos  'Mi  say  cosselhar. 
Mas  veu  nietrai  foc  a  la  tor 
El  ;il  solier, .  per  vostr1  ninni-  ; 
E  can  In  focs  er  abrassatz, 
Poiretz  intrar  per  esperatz 
Ah  vostra  dona  domneyar, 
E  lieys  tener  et  abrassar.1 
Antiphanor  respon  breumen  : 
'Tornatz  premier  al  parlamen 
A  lieys  parlar,  si  a  vos  platz, 
Doncx  scvtas  razos  li  mostratz.' 
Ah  tan  parto  s' en  ambeduy. 
Mot  es  lo  papagays  vas  luy 

133  J  Que  fassa  tan;  G  Qe  faza  tant.  140  J  fag;  G  l'ai.  Ili  Qui  inco- 
mincia R  ad  essere  unico.  142  in'irav.  143  Le  due  ultime  parole  sono  sbia- 
dite; così  il  lì  e  le  due  alti, ne  lettere  di  prezen  al  o.  liti  e  ochaizo  al  i\  1~>L 
150  s' a.  151  la  su.  152  dieu.  150  No  non  cosselhar  say.  159  l'oc 
1(38  abeduv. 


Fizels  amicx  e  ses  enjan. 
Vas  Io  verdier  s'  en  vay  volan, 
La  'luna  trobel  sotz  .1.  pi; 
Saludel  1"  en  son  lati  : 

•  Dona,  aj'sel  dieus  que  vos  fetz 
\'ns  done  so  que  mays  voletz, 
E-us  gar  de  mal  e  d' encombrier, 
Sol  que  lo  vostre  cavayer 

Yulliatz   Minai-   tali    lialnieii 

<  '«un  el  fay  vos  ses  falhimen.  ' 

•  Papagay,  si  tn  '  accosselh  dieus, 
Si  trastots  lo  mons  era  mieus 
'l'ot  lo  daria  de  bon  cor 

Per  l'  amistà!  d'  Antiphanor. 

.Mas  aquesi  verdier  es  trop  claus, 

E  las  gardas  non  an  repaus : 

Devo  velhar  tro  al  mati, 

Car  lunlia  miei:   non  prendo   ti.  ' 

•  l  Iona,  i'  no  y  sabetz  cosselh  !  ' 
■  leu  no.  e  no  in'  en  meravelh 
Se  vos  cosselh   non  y  sabetz.  ' 
si  fas,  dona  ;  ar  in'  entendetz. 
leu  tornaray  vas  ino  senhor 

(  "  ;iv    laissal    COSSÌros   '1'  ;iinor 

Encar'  a  aueg  l'en  menaray, 

Al    pe    del     mur    l'eli    :  i  ■  !  1 1 1  :  (  \  . 

l-'uoe  grezesc  portaray,  si-us  play 
Ali  que  iiietr;i\    fuoc  al  cloquier 
Et  a  la  top  et  al  8olier  ; 
l''.  cani  lo  l'oe.v  sera  enpres, 
Uh  v  corran  tug  demanes, 
Quel  voldran  per  fori  escantir; 

172  leu.  17:;  sei;  criet.  ITI  do  may.  176  quel  \.  180  Irastot. 

181    muli.  199 


-  58  - 

i    voè  no  metatz  Ione  albir, 
Peasata  de  luj   e  faitz  l  intrar, 
Adonox  poiretz  ab  luv   parlar, 
E  b1  aquesl  cossellis  vos  par  boa, 

Al»   mal    -rat    que   n';i\,rl    gilos, 
Poiretz  ab  luv  aver  delieg 

E  jazer  ab  el  eri  un  lieg.  ' 

Vb  tari  la  'luna  ditz  :  '  platz  me, 

E<  anatz  I"  querre  desse.  '  * 

Ab  tari  l<>  papagays  \a\   s'  eri 

\  as  Antiphanor,  que  I'  aten. 

Sobre  son  rasai  l'a  trobal 

Di'  sdii  garnimen  adobal  ; 

Kliu  el  ausberg  viest  sobre  si  * 

E  caussas  de  fer  atressi. 

Sos  esperos  d'  aur  tene  caussatz  . 

S'espaza  sencha  a  son  latz. 

El  papagays  li  vene  denan  : 

'Senher,  fay  s'el,  al  mieu  senblan,  ' 

A  nueg  veiretz  aisela  re 

Que   mar  amata  per  bona   lo. 

Vostra  dona'us  manda  per  mi 
C  anetz  vas  lieys  tot  dreg  caini  ; 

Viatz,  e  cavalguatz  suau,  "-' 

Lunlis  hom  no  sapcha  vostr1  esclau, 

Ni  lunha  res  ses  devinar 

No  puesca  saber  vostr' alar. 

Mas  foc  grezesc  nos  fay  mestier 

En  ola  de  fer  o  d'  assier;  ìv 

Jeu  l'enpenray  entre  rnos  pes. 

Faitz  nifi  liurar  tost  et  a  les.  ' 

Antiphanor  isnelamen 

Li-n  fay  liurar  a  son  talen. 

Tan  cavalguero  per  viguor  ,x 

205  cosselh.         206  aia.         211   papagay.         210  papagay.         232  liem-ar. 


-   5!»    - 

Que  la  Queg  (oro  prop  la  tor. 
Las  gaitas  sono  ped  cloquier, 

I.'  una   va.   l'autra   s'  ni   enquier  ; 

Devo  velhar  tro  al  mali. 

Car  lunha   nueg  no  prendran  li. 

Al)  tau  Antiphanor  dissen, 

Kt  a   pauzal   son  garnimen 

De  pres  son  cavai,  tol  entier, 

Mas  solameli  son  bran  'I'  assier 

Que  volo  portar  senh  a  son  latz, 

I*]  no'l  es  ops,  d'aisso-m  crezatz, 

«'ai-  so  temens'ab  cor  segur 

Es   vengutz  tro  al   pi'  ilei   unir. 

El  papagays  'Ir  1'  autra  part 

lntr'  ci  verdier,  <•,,)■  trop  es  tart 

De  metre  ine,  car  so  senhor 

Laissei  tol  sol  senes  paor. 

Denari  la  'luna   \vuc  premieri; 

Aisi  cninc  si   fos  espan  iers, 

S'  anct  pauzar  denan  sos  pes  ,5:> 

E  j »i m ■  \  s  1"  a  dig  r r j t   cu  apres  : 

•  Dona,  un»  senhor  ay  I  aissai 

Al  portai  major  dezarmat. 

Pessatz  de  luy  e  faitz  1"  intrar, 

Qu'  icu  vauc  lo  castcl  abrandar.  '  ili0 

■  PapagaA ,  per  mon  essien, 

leu  fag  n"  a^   tol   r  assemamen  ; 

Las  claus  del  castel  ai  pres  mi  : 

\  ce    la^     V'OS    slis    ;|i|l|cv|     COSSÌ, 

\iKit/  metre  foc  al  eastel.  ' 
Aiic  1 1 1 .- 1 \    no  cug  per  lunli  auzel 
Fos  aitan  ricx  faitz  assajatz 
('oiu  aquesl  er,  ni  comensatz. 

•   a  l'aotra.  249  papagay.  253-54  -er:  -er.  262  Ion  manca. 

267  tan. 


-  60  - 
El  papagayâ  seladamen 

no 

De  laa  la  tor  prop  del  terrier 

Lor  \  :t.\   metre  foc  al  --> >i n -r. 

I»'1  vas    UH-  locx  s'  B8  emprea  ; 

El  crita  se  U-\  a  demanes  : 

'  A  foc  '  !  crido  per  cominal. 

E  la  dona  vene  al  portai, 

El  a  uberi  ses  comiat 

!)<•  las  gachas  e  mal  lor  grat. 

tatiphanor  intr'el  vergier; 

Ed  -l-  lieg  de  jotz  -I-  laurier 

Ali  su  ilmiii  s'  anel  colcar, 

E  luiilis  honi  non  o  sap  contar 

Lo  gaug  que  fo  entre  lor  dos, 

Cals  j»iis  l'ii  del  autre  joyos. 

Vejaire  lor  es,  so  m'  es  vis,  M5 

("  aquo  sin  lur  paradis  ; 

Grans  gaugz  es  entre  lor  mesclatz. 

El  focs  fo  tost  azamortatz, 

Al»  vinagre*l  fan  escantir; 

El  papagays  cuget  morir  5n0 

Tal  paor  ac  de  son  senhor. 

Al  enans  que  poc  vene  vas  lor 

Et  es  se  prop  del  lieg  pauzatz, 

Et  ac  lor  dig:  '  Car  no-us  levatz? 

Anatz  sus  e  departetz  vos  ÌK 

Qued  focs  es  mortz  tot  ad  estros.' 

Antiphanor  ab  cor  marrit 

S'  es  levat,  e  prueys  li  a  dit: 

'Dona,  que*m  voldretz  vos  mandar?' 

'  Senher,  que-us  vulhatz  esforsar  30° 

De  far  que  pros  [tan  can  poiretz 

269  papagay.    271  ci-it.    277  E.    288  l'oc;  aJzamottatz.    290  papa- 
gay.    293  E.    294  E.    296  foc.    298  l'a. 


-  (il  - 

En  est  seglo]  tan  cant  viuretz.' 
Fay  se  vas  el,  l>aiza-l  tres  vetz, 
Àntiphanor  s'en  torna  leu 
Coni  tilh^  de  rcv  ab  son  corrieu. 
So  dis  a'Arnautz  il»'  Carcasses , 
Que  precx  a  faitz  per  mantas  res 


E  per  los  maritz  castiar 
Que  volo  lors  raolhers  garar, 
Que  las  laisso  a  lor  pes  anar  . 

que  niay  valra, 

E  ja  degus  no  y  falhira. 


302  uieurelz.        305  fllh. 


-  »»•. 


Continuatone  di  J  (dopo  il  v,   1 1<>). 


Que  la  dompna  ai  gazanhada. 

Aims  ades  està   vegada 

Parlar  a  lieis  en  sei  vergier 

Tot  mantener!  ses  (iestorbier. 

Lo  cavalieri  s'  en  es  anatz, 

Dins  el  vergier,  el  es  intratz 

El  es  se  trobatz  ab  la  dona  ; 

E  quan  In  vi,  el  ella*]  sona 

Ei  asetel  lo  , insta  lei. 

'  Senher,  be*m  platz,  cani  hieu  vos  vei 

Vengul  aissi  en  est  vergier; 

Gran  tems  ha,  non  vi  cavalièr 

Tati  mi  plagues,  si  dieus  mi  sai. 

Per  vostre  papagai  vos  vai, 

Car  hieu  vos  vei  tan  plazentier  ; 

Pero,  quar  es  tan  liei  parlier 

E   per   In   lic   (jiie-m   di   de   vos, 

E  quar  es  tan   liei   e   tan   pros, 

Farai  vostro  comandamen  ; 

Ah  sol,  que  vos  premeiramen 

Me  fassas  covinoli  atal 

Que  nio  siatz  fin  e  lejal 

E  que  me  ames  de  bon  cor.' 

'Dona,  be  i?os  die,  s'ieu  non  mor, 

Qu'ieu  vos  amarai  lejalmen, 

Que  ja  no-iis  farai  failhimen. 

E  si  voles  nuilh  eovinen 

Qu'ieu  vos  Cassa,  ni  sagramen, 


1  (vos).         5  caualier.         22  Quem.         24  beus. 


tati;    papagai. 


-    63    - 

Hieu  lo-us  farai  moi  volontiers  ; 
Que  anc  non  fo  nuilhs  cavaliers 
Que  tal  sagrameli  fezes  mai 
l'uni  hieu  farai,  si  a  vos  piai.  ' 
'Senhor,  do-us  li"  tengatz  a  mal, 
Que  motz  homes  son  cui  uon  cai, 
Mas  que  penson  de  galiar  ; 
Per  qu'iew  me  volria  gardar. 
Mas  ira  ja  non  u  die  per  vos, 
Que  es  cortes  savis  e  pros, 
Kt  ni  vos  mi  voilh  hieu  fizar, 
Per  vostras  volontatz  a  far  ; 
Et  aissi-m  met  ses  tot  jurar.' 
Ali  tan  si  prendon  a  baiszar, 
E  feiron  'li'  lor  solatz  tan 

Com  lui-  l'uii  bo,  ni'ls  agradec. 
Al.  tan  lo  papagais  parec 
E  ilis:  'Senher,  anas  von  en, 
Que  vengutz  es,  mon  essien, 
Lo  maritz  il''  aquesta  dona, 
Qu'iew  1"  vei  qu' a  1;«   porta  sona.' 
El  cavalier  "  pres  comjal 
De  la  dompna  et  a-ilh  pregai 
Que  fila    li    lassa    salici' 
L'ora  ijiii'-illi  venra  a  plazer, 
Com  puesqua  tornar  a  l'amor 
Que  tant  li  es  toquad1  al  cor. 
Kt  ella  dis  :  '  Ben  o  farai, 
E  breumen  vos  li<>  mandarai.' 
•  Ma  dompna,  a  dieu  vos  coman, 
E  prec  vos,  que  1"  mieu  don  man. 


a:  i inca.        38  Que  uos  es.         12  aitan.        43  aitan.        46  ai 

,,,  ,)  :ri,  ,,.|.  qUOi        r,j  a  manca.        63  Qu'.        54  onra. 


-    »i4    - 
Pel   in.'tnt    inni   mi   oblides. 

Et  ella-1  ilis  :  ■  Non  farai  gei 
\ii^  pensarai  adea  de  voa 
Cono  vofl  tornea  aisai  vea  noe. 


6i  maris. 


-   6â    - 

Domnejaire. 

Eu  amanz  jur  e  promet  vos, 

Bella  dompn'  ab  diz  amoros, 

(  "  a  far  tol  vostres  mandamenz 

Serai  tostems  hobedienz; 

E  serai  vos  tostems  aitals,  5 

Fins  e  francs,  hurails  e  lejals. 

E  jur  vos  iviis  promel  celat, 

E  que  penrai  tostems  en  gral 

Lo  ben  oi  mal  qual  q m  fassatz, 

E  que  tol  o  penrai  en  patz. 
E  promet  vos  que  votre  dan 

Destolrai,  e  trai  enan 

Votre  ben  ab  tol  mon  poder, 

E  farai  grazir  e  salici' 

Als  plus  conoissenz  vostre  pres. 

E  jur  vos  e  promel  apres 

Que  ja   aitali   eo'in   siat/.   (ina, 

\o-m  fassa  plazers  ni  aizina 

En  autra  pari   mon  cor  camjar, 

Ni  de  vos  partir  ni  loignar,  50 

Ni  ja  si  tot  inr-ii  solviatz 

Me  plassa  nuill'  autr'  amistatz. 

1  i>  amai);  ■'  El  hieu  uos  amans  iur  e  promet;  I)  a  vos.  2  .'  A  uos  dona 
a  l'amoros  dret.  '■'>  GJ  De  far  tot  uosti*' :  .1  mandamen.  l  .1  E  s.  ;  G  tot  t.; 
I»  toz  t.:  .1  hobedien.  5-6  solamente  in  G.  5  toz  t.  7  >'<  eos;  .1  e  p.  selatz 
s  G  q'eo,  .'  E];  D  prenda;  G  toz  t.;  J  empatz.  9  ci  el;  G  fazaz.  in  .1  man 
■  i  :  li  prenda;  G  q'eu;  empaz.  11  <;  danz.  1"-'  -i  Destorbarai;  <;  Distorai 
enanz.  L3  •'  1"é  a;  G  a  toz.  li  «i  Bauer.  15  1»  prez.  1<>  li  eua  p, 
17  li  tant  e.  Bias.  -i  ia  itan.        18  I»  N ■  ■  n  f.  piacerà;  <'<  .Ni  faichaz  plazer;  -i  Nom 

hi  i.  19   I'   AI:   G    N 'il  en  a.   p.   caini  ir.  20  G    Mmi  r.<v    ni   partir    ni    In 

mai-.        21  <;  Eie  tut  uos;  -i  Neis;  ni"  8.;  I>  souiatz.        22  G  Nom  plaz  auer  altr'; 

'  ("aii'-  nmii  plao  nuilb*. 

9 


-   66  - 

E  jur  vu>  que  vostres  arnica 
Amarai,  e  aerai  enics 
A  ti'/  loa  vostrea  malvolenz, 
E1  er  un'  tota  lor  dana  plasenz. 
l'i  b'o  volez  plufl  oncarzir 
Si  cono  sabetz  pensar  ni  dir, 
Lo  jur  al  vostre  entendemen  ; 
E  jur  vo8  •»  premeiramen 
Per  la  fin'  amistal  que'us  pori 
i  E  non  o  puesc  jurar  plus  fori  », 
E  per  los  avangelis  san/ 
Que  l'cs  Marcx  Matieus  e  Joanz 
E  sans  Luca  avangelista, 
Que  per  paraula  ni  per  vista. 
Ni  per  onrar,  ni  per  servir, 
Ni  per  ren  c'autra*m  sapcha  dir, 
No*m  patirai  de  vostr'amistat, 
Neis  si  iiic-ii  donavatz  comjat. 
E  vns,  dompna,  prometetz  me 
Qu'db  frane  cor  et  ab  lial  fé 
Mi  retengatz  per  servidor, 
E  'latz  mi  baizan  vostr'  amor; 
E  levatz  mi  pueis  de  ginoillos, 


"23-20  mancano  ai.  23  G  qe  toz  uotre  amie.  24  G  sera  ennic  2~> 
G  la.  20  D  clan;  G  tuz  1.  danz  plaisenz.  27  G  se  p.  o  uolez  searzir;  J  E  sim 
uoletz  anquar  plus  dir.  28  G  Sius;  D  con;  ne:  J  sabretz.  29  D  E  iur  BOS 
ab  uostr';  J  E  iur  al;  G  a.  30  G  o]primieranamen.  31  manca  a  G.  32  G 
Qe  uolo  pos;  J  Que  nous  pogra.  33  G  euangelis  sain;  J  sains.  34  G  fez  Marc 
Matheus  e  Ioan;  D  Mars.  35  G  sanz  1.  eu.  ;  J  sains  Lucx  eu.  38  G  Qe  ai- 
tram  sapha  far  ni  d.  ;  J  Ni  per  als  quem  sapchatz  d.  39  D  partirai  ;  G  Jam 
parta.  40  I)  Netis  si  uos  mendauas;  G  Ne  se;  J  sim.  41  G  donna;  .)  dona; 
D  prometes.  42  I)  [Qù];  J  Que  de  boti  cor;  D  lials;  J  et]  ab  leial.  43  D  Quem 
retengas.  44  D  das;  G  Era  don  en  baisan  uostra  a.;  J  donas.  A~>  1>  leuas  mi 
pos  pueis  denan  uos  J  E  leuar  m'  ai  pueis  denan  uos;  G  Pos  leuaz  me  de  gen. 


(>ii  eu  ai  estai  denan  vos. 
E  voill  <-';iz  aquesi  covinen 
siau  fermansas  e  guiren 
Bona  fes  e  lials  amors, 
Enseingnamenz,  pretz  e  valors, 
Gais  desirs  e  fis  pessamenz 
Cubertz  e  selatz  e  temenz, 
E  volers  complitz  de  boti  grat, 
E  loingnamenz  d'  autr1  amistat, 
E  gais  sabers  e  conoissenza 
Que*ns  don  ardimela  e  temenza  ; 
remenza*ns  don  del  joi  selar 
Kt  ardimen  de  ben  amar. 
Et  ieu  don  vos  »  *  i»  perdeutor 
Moli  cor  per  maialameli  d'amor, 
Quel  dona  poder  d'aiso  far 
Que  vos  i  volres  comandar  ; 
Qu'ieu  sap  qu'el  vos  atendra  be 
Ini  so  que  la  boca*us  cove, 

Dompna,  per  aquesi  san/  avangelis. 


16  i>  i  >n  ora  eslauc  de  ginoillos;  J  On  ai  e.  de  genoilhos;  G  Un.  17  1)  as; 

G  qe  a  a.  conuinenz;  J  couen.         48  G  Sia  fermanza  e  ghirenz;  J  Sion  fermanse'e 
n.  19   I  leials;  G  fé  e  lial  amor.         50  G  Ensegnanien;  valor.         51  GJ 

Gai  desir  (J  deszir)  e  fin;  G  pensamenz;  J  pensameli.         52  D  selanz  ;  J  Cubert  e 
selat  e  tcmen;  Q  Celai  e  cubert  e  temen.        53  Q  aoliai  oomplir;  J  uoler  oomplir. 
juesto  verta  t  il  i  io  trasportali  dopo  il  v.  58.        51  G  luniamen; 

.1   lonhamen   de   maluestat.        55-56  mancano  a  J.        55  I»  guaie;  G  Fina  sabor. 

56  I»  -oz;  G  Qem  d.  ardi nz.        51  I»  -nz;  G  Temenzam  d.  de  ben  e.;  J  Lo  ioi 

ilei  dieu  d'i r  s.        58  I»  ardimene;  G  Cor  ard.j  J  fin  amar.        50  G  E  lai>  uos 

•■il  lui  p.  :  .1  El  hiea  don  uos  per  auszidor.        66  G  mandamene.        <ìi  G  Qei  do- 
ni-/; aizo;  •'  de  so.        62  l>  sii  ;  <i   uorez,  .'   so  quo  li  uolretz,        63  I»  Qu'el;  <; 
i  ere;  DG  ben.        64  '<  zo;  I>  conen;  G   conuen.        65  <i  Donna;  saio/. 
euangeli;  .1  •Iona;  sains. 


NOTE 


NOTE    METRICHE 


I.     .IATO 

Testo  della  novella 

Lasciando  in  disparte  i  casi  ne' quali  la  vocale  finale  è  tonica,  abbiamo  vari 
esempi  di  jato  :  v.  si  que  a  :  v.  165  si  a;  v.  187  Bona  e;  v.  218  sencha  a; 
v.  277  E  ti;  v.  293  E  es;  v.  294  Eoe.  In  questi  ultimi  il  jato  si  evita  facilmente, 
leggendo  et]  in  quanto  a  si,  ne' testi  provenzali  suol  pi  evalere  l'elisione,  ma 
non  inaurano  esempi  di  jato  (A.  Pleines,  Hiat  una  Elision  im  Prov.,  Mar- 
burg  18sr>,  pag.  ti.'i  sgg.  Voi.  L  delle  Ausi/alien  inui  Abharutlungen  dello  Sten- 
8BL).  Nello  stesso  testo  abbiamo  il  si  eliso  altre  volte:  vv.  89,  95,  96.  Regolare 
è  il  jato  tro  al,  vv.  185,  239,  248  :  ma  va  notato,  perebè  d'altra  parte  non  man- 
cano a  qualche  testo  provenzale  esempi  ili  sinalefe  con  un  a  seguente  :  cfr. 
Bartsch,  Derikm.,  56,  29  :  tro^jiqui. 

Altrove  bisogna  restituire  il  jato  per  aver  la  misura  del  verso  ;  v.  Ili  ma 
amistat;  v.  tr.o  sa  amtstat;  v.  172  la  en  :  v.  17:J  dona  aisel;  v.  298  li  a. 
Infatti  1'  elisione  ili  li  dativo  atono  del  pronome  di  solito  non  è  consentita  in 
provenzale  (Pleines,  <>i  sg.);  essa  ha  luogo  tuttavia  al  v.  1H7  R  Va;  dove  si 
restituisce  il  jato  sopprimendo  la  congiunzione  in  capo  al  verso,  secondo  J. 

In  quanto  al  ua_e  del  v.  238,  una  facile  correzione  al  verso  evita  questa 
licenza:  V  "un  va,  l'autra  s'eri  enquier.  il  Bartsch  soppresse  invece  l'è». 

Alla  sinalefe  è  preferita  quasi  sempre  l'elisione.  Caduta  della  vocale  limi- 
le :   v.  68  Si  ri  :   v.    Ili   VOlrV  rssrr. 

Continuazione  di  J. 

che  l'autore  qui  sia  un  altro,  appare  -ululo  dal  sovrabbondante  uso  del 
jato  che  ■  >  già  si  trova  nel  testo  o  va  restituito  per  la  misura  del  verso.  Nel 
primo  caso  abbiamo:  v.  l  dompna  [vos]  al;  v.  23  me  ames;  v.  32  si  a  :  v.  38 


-    7'J    - 

i    50  que  o;  v.  BS  dompna  et  ;  \.  56  li  es  ;  \.  ■";»  dompna  a  ; 
«    ai  ,,i/  oblides,  Nei  Mcondo:  \     IO  rf[e]  aquesta \  \.  BS  Qu[«]  site. 

/>  </  //(  /i  e./  a  i  /■  f. 

Solo  esempio  offerto  dal  cod.  i>  è  al  \.  IO:  prenda  en  (cfr,  Q  perirai  en)\ 
e  per  0)6230  ili  1)  bì  lasciano  facilmente  correggerei  rari  casi  dijato  negli  altri 
endici.  v.  98  G  '.'"■■  nitrii;  \.  't~  .i  '/"!-•!  n:;  \.   is  <;  fermanxa  e. 

Ma  concorde  in  due  codici  è  il  jato  al  \ .  35  :  Luca  avangeltsta.  Volendolo 
sopprimere,  bì  può  ricorrere  alla  congettura  V avangeltsta  (J  Lucio), 

in  esempio  regolare  dijato,  qualunque  si  voglia  seguire  delle  tre  lezioni 
differenti,  è  ni  v,  18:  ni  atzina;  poiché  la  congiunzione  ni,  come  il  pronome 
'/"',  min  ammette  elisione  in  provenzale.  Del  contrario  tuttavia  non  mancano 
esempi.  Cfr.  Bartsch,  Denhm.,  215,  5  nt^alegrena  ;  Pleines,  07-8. 


II.  DIERESI    E    SINERES1 
Testo  della  novella 

Sto  è  sempre  bisillabo  (v.  50,  286).  Secondo  le  Leys ,  malgrado  la  regola 

generale  per  cui  i  tonico  seguilo  da  vocale  conta  come  sillaba,  le  voci  sia,  sias, 

podon  esser  d'una  sillaba,  exceptat  en  fi  de  verset  »  (I,  46).  Tuttavia 

aggiungono  :  «  Et  aisso  sostenem  per  figura  quar  es  acostumat  ;  pero  mas  voi 

can  degus  d'  aquestz  re  no  perd  ». 

Sempre  bisillabica  è  anche  qui  la  desinenza  -'ni.  Il  monosillabismo  ,  di  cui 
lo  Chabaneau  ha  indicato  esempi  già  nel  Bocci  (vv.  60,  70,  188),  era  frequen- 
te nel  XIII  e  più  nel  XIV  secolo.  Cfr.  P.  Lienig  ,  Die  Grai limatili  der  pro- 
venzalischen  Leys  d' Arnors,  verglichen  mit  der  Sprache  der  Troubadours, 
Breslau  1890,  p.  113. 

La  dieresi  è  sempre  regolare,  secondo  l'uso  provenzale:  v.  35  crestta  ; 
v.  46  sapïatz  (Leys  I,  46);  v.  60  trassïo;  v.  173  crïet  (v.  le  note);  v.  177 
Imi ,, ic a  :  v.  225  rmtz  ;  v.  260  essten  ;  v.  277  comïat  :  v.  309  castïar.  Il  comjuAv. 
di  R  (v.  103)  non  è  confermato  da  J.  Su  comjal  v.  Meyer,  in  Romania,  II.  435  : 
e  le  note  seguenti  sulla  cont.  di  J  e  sul  domnejaire. 


-  73  - 

Continuazione  di  J. 

Al  v.  22  non  basta  la  dieresi  s'iatz  a  raggiungere  il  dovuto  numero  di  sil- 
labe. V.  le  noti'.  Nessun  caso  di  sineresi  irregolare.  Al  v.  "»1  soltanto  comjat, 
che  sarebbe  trisillabo  sopprimendo  il  verbo  "  :  ma  un  probabile  parallelismo 
con  la  costruzione  verbale  del  v.  seguente  e"  induce  a  crederlo  dell'  originale  : 
"  pres  —  a  pregat. 

DO  m  a  f  j  a  i  i-  e. 

Alla  lezione  di  •'  Et  serai  (v.  h)  è  preferibile  l'altra  serai,  ebe  salva  hn- 
bediens  da  una  licenza  trisillabica.  Regolari  i  \.  21  solvïatz;  \.  12  /mi;  v.  49 
imis  :  invece  al  \.  19  camjar.  Le  Leys  hanno  le  due  forme  cambiar  e  rn,,i- 
iijiir  (I.  16-8).  V.  10  comjat  (•'  com'iat). 

V.  :: i  /or;,i\  è  rome  di  regola  bisillabo:  ma  lo  si  può  trovare  a  volte  mo- 
nosillabo  :  Breviari  d' Arnors  \.    12726. 


FLESSIONE   IN   RIMA 

I.    P  I.  ESSIO  N  E    N  O.M  INA  LE 

I  1  -in   DELLA   NOVELLA 

Vv.  77-8  i;  :    veramens :  prrzcu  ■'•  subito  roiTolto  leiiL'endo  -c/i  .•  -c/(  come 
GJ.  La  stessa  correzione  vale  pei-  G  ai  vv.  .",(-:.'. 

il  imi h  Aiiti|ihanor  non  ha  flessione;  \\.  89-90:  Anttphanor:  uni,-  r 

GJ —  .\i   vv.    [03-4    1!   COmjatZ  :  dlgatZ,   il    plurale  COmjatZ    in    luogo  del   sui-"- 

lare  é  una  licenza  introdotta  pei-  la  rima;  invece  <■■!  hanno  altra  lezione. 
v.  121-2  esgartz:  partz  si  lascia  correggere  facilmente  in  esgart :  part  — 

Vv.  131-2  i;    vengut:  captengul  | i.  sing.J  apparisce   regolar nte   in  <;.i 

-,<>-;  -ni;.  Cosi  la  rima  ai  w.  137-8  jamay  :  papagay  li  (noni.  Bing.)  è  in  GJ 
con  -s.  il  quale  va  restituito  alle  rime  dei  vv.  253- 1  premier[s]  :  esparvier[s]. 

Arditi  in  J  u.   18)  va  letto  ardii    obi.  sing.).  munì. 

io 


,  I 


Continuazione  di  J . 

\\  15-6,  i  ii  vero  errore  Bolla  inni  fra  uo  obliquo  singolare  ed  un  nomi- 
nativo,  anche  singolare:  plasentter  (obi.):  parlier[s]  (nom.). 

li  a  m  a  §j  a  i  r  e. 

\  \ .  :>- 1  .i  h.  /'.  tot  rostri1  mandamen  :  hobedlen.  Leggendo  nel  primo  verso, 
eoo  D,  il  pi.  i"'i  sing.,  si  può  ricostruire  ia  flessione  regolare  della  seconda 
rima.  Lo  stesso  si  dica  dei  \\.  17-8  J  coven:  sagramen.  vi  \\.  5i-2  va  letto 
pensamenti]  :  temen[s]. 

Più  sovente  la  declinazione  è  scorretta  in  Q.  Al  v.  ~s~'  amistatz  (:  soldati 
come  obi.  sing.  dipendente  da  aver,  nienti'»'  nominativo  nelle  lezioni  di  DJ; 
w.  :;:;-i  sain  (ohi.  pi.);  Juan  moni,  sing.)  ;  vv.  49-50  amor:  valor  (nom.  sing.); 
\\.  :<i-j  pensamenz :  temen  (nom.  sing.).  Tutti  casi  di  ben  Tacile  corre- 
zione. 

FLESSI  0 N E    V  E K  B A  LE 

Testo  della  novella 

Lasciando  da  parte  qualche  varietà  ortografica  come  colretz  :  pres  di  R 
w.  39-40,  noterò  soltanto  vv.  173-4  criet:  voletz;  che  il  Bartsch  ha  modifi- 
cato in  crietz.  Ma  per  non  ricorrere  a  questa  singoiar  forma  di  perfetto  ,  ho 
creduto  congetturare  un  possibile  fetz,  che  pel  significato  poteva  facilmente  es- 
sere sostituito,  nella  mente  di  un  copista,  da  crietz. 


EIM  E 

Testo  della  novella 


V.  89.  E  da  ricordare  che  Antiphanor  (:  mor)  ha  vocale  aperta.  Gfr.  .\7- 
canor,  Heclor,   Timor.  Accanto  a  questa,  il  provenzale  ha  V  altra  serie  in  or 


Almassor.  Per  la  varia  (inalila  dell' -0-  in  Elionor ,  v.  j-rl i  esempi  in  E.  Ekd- 
MANNSDOBFFER,  op.   Cit-,    p.    6i-5. 

Continuazione  di  J. 

Rima  imperfetta  di  e  con  e:  w.  9-10  lei:  pei. 
Rima  imperfetta  ili  o  con  o:  w.  55-6  amor;  cor. 

Do  m  a  ej a  i  r  >-. 

Vv.  33-4  .'  sains:  Ioans ,  i;  sain:  Toan.  Non  è  che  una  varietà  grafica. 


OSSERVAZIONI    AL   TESTO    DELLA    NOVELLA 


\ .  8.  sulla  questione  se  i  nomi  in  -atge  abbiano  o  non  abbiano  flessione  . 
i  pareri  sono  divisi,  ai  Reimann  [Die  Decltnatlon  der  Substanttva  und  Adje- 
ctini  in  der  Langue  d'Oc  bis  zum  Jahre  1300 ,  Danzig,  1882,  p.  55  sgg.) 
parve  che  I'  uso  fosse  oscillante  nel  miglior  periodo  della  lirica  provenzale,  men- 
tre nel  secolo  XIII  cominciò  a  prevalere  la  forma  con  -s  flessionale.  Invece  il 
Loos  {Die  Nomlnalftedon  Im  Provenzaltschen ,  Marburg,  l s^ i  Voi.  XVI 
delle  Ausgaben  und  Abftandlungen  dello  Slengel  —  pag.  24  sgg.)  venne  alla 
conclusione  che  i  nomi  uscenti  in  -atge  non  conobbero  la  declinazione  innanzi 
la  seconda  metà  del  secolo  XIII.  V.  anche  Stjmming,  /:.  de  li.,  p.  239. 

v.  ii.  La  lezione  a  per  >li  R  è  illeggibile,  ma  assicurata  dalla  cong.  <•  che 
conincia  il  v.  seguente.  Mi  sembra  questa  un'alterazione  facilmente  avvenuta 
del  testo  originario  cui  corrisponderebbe  la  lezione  di  JG  :  in  questa  si  allude 
alla  galanteria  di  Antii'anor  come  a  cosa  già  nota  alla  donna  ,  si  die  il  pap- 
pagallo vien  quasi  a  chiederne  la  ricompensa. 

V.  19-24.  l'articolari  alla  famiglia  G.in,  questi  versi  non  tanno  che  ripetere 
il  pensiero  espresso  innanzi  ;  ma  come  la  ripetizione  è  pur  svolta  in  altra  forma 
e  con  nuovi  particolari,  sarebbe  azzardato  il  sospetto  di  un'  interpolazione.  Forse 
appunto  il  tatto  che  i  versi  in  questione  si  aggiravano  intorno  allo  stesso  con- 
cetto dei  vv.  precedenti  avrà  contribuito  a  farli  trascurare  o  dimenticare. 

V.  25.  Sulla  forma  tnay  caratteristica  di  R,  cfr.  Schultz  ,  Die  Btefe  des 
Trobadors  Raimbaut  de  Vaquelras  an  Bonifaz  1  Markgrafen  con  Afonfer- 
rat ,  Halle,  1893,  p.  78,  dove  sono  esaminati  vari  casi,  ne' quali  1'  -s  finale 
dev'  essersi  attenuato  (ino  a  scomparire. 

V.  28.  La  lezione  di  R  è  qui  superiore  all'altra  di  J,  per  il  contrasto  del 
vivere  e  del  morire  che  in  questa  viene  a  mancare. 

V.  30.  Che  la  flessione  del  vocativo  in  Provenzale  sia  presto  caduta  in  di- 
suso ,  mostrò  il  Beyer  in  Zeltschrlfl  fur  rom.  Pliil.  VII  43  sgg.  Erroneo  è. 
-s  in  GJ  ,  tanto  più  avendo  riguardo  al  don  che  gli  tien  dietro. 

V.  30.  Il  Galvani,  sulle  orme  del  Raynouard,  legge  via  per  va,  e  intende 


'troppo  vi  siete  affannato  per  via';  ina,  .senza  volerlo  affermare,  sospetta  che 
debba  essere  'in  vano1.  Era  facile  corregger  quell'errore. 

V.  18.  Il  Raynouard  traduce:  'El  vous  quel,  dame?'  mentre  si  tratta  evi- 
dentemente del  verbo  caler  :  tuttavia  il  verse  rimane  sempre .  grammatical- 
mente, un  ]»>'  oscuro. 

V.  50  ;  cfr.  anche  v.  ~.i  :  par  me.  La  regola  che  il  pronome  aleno  debba 
esser  collocato  innanzi  al  verbo,  se  dapprima  venne  meglio  osservata,  ebbe  poi 
nei  trovatori  ogni  maniera  d'eccezioni;  si  che  l'use  è  sempre  oscillante,  e 
la  libertà  maggiore  ili  quella  concessa  al  francése;  pel  quale  eiv.  Tobler,  in 
Gòlthìfler  Gelehrte  Anzeigen,  1875,  p.  34.  Molti  esempi  di  questa  libertà  sono 
raccolti  dall' Elsner  [Ueber  Form  und  Verwendung  des  Personalpronomens 
im  Altprovenzalischen,  Kiel,  1886,  p.  25  sgg.),  il  quale  aggiunge:  «Die  von 
Mori'  l'in-  das  Ailfranzosische  zuriickgewiesene  Ansichl  Kriigers  dass  die  ionie 
sen  Partikeln  durch  dio  Nachstelluug  eine  Betonung  erhielten,  ist  fiir  das  Pro- 
venzalische  noch  viel  weniger  anzunehmen.  Solite  letzteres  der  Fall  sein  ,  se 
miisste  Trennung  vom  Verb  stattfinden ,  nur  se  alleili  Romite  ja  fiir  die  erste 
und  zweite  Person  das  schwere  Pronomen  Ausdruck  finden»  ').  Osserverò  sni- 
tanto  ehe  il  nostro  testo  ha  al  v.  208  un  me  sintatticamente  alone  e  meliaca- 
mente  accentato  :  cfr.  il  domnejaire,  \.   1. 

A'.  64.  'Il  proposito,  la  volontà,  segue  l'inclinazione  dell'  animi':  hi  altri 
termini  :  si  vuole  quello  che  piace. 

V.  '.).'.  Verrebbe  Tatto  di  leggere  «e  sa  verini  »  con  «  mala  suini  ■>  se- 
condo -i  (cfr.  aknu  r  de  Maroill  Domna  gemer,  v.  41:  si'us  piai,  renjelz 
me  ma  salut).  Ma  verlutz  sia,  oltre  che  in  K,  in  »;,  e  sarebbe  un  arbitrio  al- 
lontanarsene ;  almeno  conservando  il  sas  di  G  (J  sa)  potremo  intendere  ' le  virtù 
dell'  am  ire  '.  meglio  che  in*  oertutz  di  !!,  delie  quali  non  sappiamo  che  virtù 
possano  essere. 

V.  93-4.  Fa  riscontro  a  questa   minaccia  la  cortese  dichiarazione  dell' usi- 

gnuol Ila  canzone  provenzale  moderna  citata  dalla  raccolta  dell'  Irbaud  : 

Belo,  quand  sin  en  quanquo  part, 
Parie  de  vous,  siou  j  linai  las, 
l'arie  qne  de  vouestres  louangis 
Km  •  de  i tre  b n  renoum. 

')  Cfr.   P.  Kioc. in.   Ueber  die    Worltlelluny  ili  der  fi-anzóiUchciì    Prosalilera- 
tur  il  i  M/i  Jh.,  Berlin,  1876,  pag.  25;  Il   Meni-,  Die  WorUtellung  im  Attfrantòsi- 
Rolandtliede,  Strassburg,  1878,  pag.  320-30. 


-  78  - 

\  |û2,  chi  sarà  a  «  reclamar  >,  la  donna  o  il  pappagallo  I  Dobbiamo  te- 
nerci alla  prima  interpretazione,  perchè  reclam  iK  reclami)  è  confortato  dal* 

i  autorità  di  du anoscrittl  'li  gruppi  diversi.  Ma   la  donna  supplica  il  mea- 

$aggiero  U),  o  in \ «>>-;•  l'amante  (R)l  Credo  preferibile  la  lezione  ili  J,  secondo 
la  quale  ella  si  raccomanda  al  pappagallo,  perchè  voglia  eseguire  il  suo  Inca- 
rico, in  nome  del  dio  d'  tmore.  Il  Galvani,  cui  forse  tornava  nuova  la  desi- 
nenza -ì  «li  reclami,  suggerì  di  leggere  reclam  leu. 

\  ni  agg,  il  dono  dell'anello  e  del  resto  si  trova  soltanto  In  R;  in  le 
guito  (v.  136  sgg.)  il  pappagallo  ne  riparlerà  con  le  stesse  parole.  Se  il  mn» 
vederne  traccia  negli  altri  due  manoscritti  può  far  torgere  il  sospetto  che  si 
tratti  ili  una  interpolazione,  tale  sospetto  deve  svanire  quando  vediamo  che  il 
pappagallo  non  ila  notizia  al  suo  Bignore  della  vittoria  ottenuta,  altrimenti  che 
con  quel  dono:  onde  esso  appara  indispensabile  allo  svolgimento  posteriore  del- 
l' azione.  Bensì  occorrono  qua  «•  là  in  H  alcuni  luoghi,  dove  il  sospetto  di  In- 
terpolazione non  può  venir  del  tutto  rimosso:  p.  es.  i  vv.  120-1,  dove  si  parla 
di  salutare,  quando  si  deve  invece  portar  I' annunzio  di  un  convegno;  anche 
la  dipendenza  logica  del  secondo  dal  primo  verso  non  -'accorda  bene  con  la 
situazione.  Così  i  vv.  124-5)  anch'  essi  particolari  da  K,  dove  il  pappagallo  spera 
che  cabans  d'un  an»  la  donna  possa  amai'  di  tutto  cuore  Antiphanor  ;  mentre 

ha  già  ricevuto  da  lei  le  pili  efficaci  dichiarazioni  con  la  promessa  del  subito 
abbandono. 

V.  127-8.  Qui  dev'  essere  nel  testo  una  lacuna,  prodotta  forse  da  una  svista 
che  abbia  l'atto  saltare  il  copista  dal  l*  verso  di  una  coppia  rimante  in  -en  al 
secondo  di  un'altra  coppia  con  la  stessa  rima,  che  seguiva  a  poca  distanza.  11 
de  layns  non  può  correttamente  venir  congiunto  col  verso  ond' è  preceduto; 
d'altronde  al  verbo  ac,  come  al  verbo  es  véngutz  viene  a  mancare  il  soggetto. 
I  due  versi  che  GJ  hanno  in  luogo  dei  vv.  126-29  di  R  risolvono  semplicemente 
e  bene  la  questione  :  ma  non  possiamo,  accettandoli,  lasciar  scomparire  gli  avan- 
zi, anche  scorretti,  d'  una  lezione  che  dovette,  per  la  sua  maggior  complicazione, 
essere  originaria.  La  correzione  del  v.  Ì2~  proposta  dallo  Stengel  {l.  e,  pag.  38 
n.):  ...partyo)  [de]  lor  p.  che  farebbe  il  pappagallo  soggetto  di  questo  verbo, 
non  mi  sembra  accettabile. 

V.  13  ì-3j.  Particolari  a  GJ,  questi  tre  versi  debbono  pure  appartenere  al- 
l' originale.  Leggendo  con  R 

E  comla-1  co  s"  es  captengutz, 
E  pueis  li  dig ecc., 


-    7!)    - 

queir  e  pneis  viene  a  trovarsi  fuori  posto,  che  non  s'introduce  con  esso  qual- 
cosa di  nuovo,  ma  si  comincia  dal  pappagallo  a  unirai-  particolarmente  come 
egli  «  s'  es  captengutz  ».  E  pueis  invece  sta  bene  dopo  la  descrizione  della  donna 
l'atta  ad  Aiitipnanor,  segnando  il  passaggio  al  racconto  particolareggiato  della 
missione. 

v.  141.  il  Bariseli  conservò  nel  Lesebuch  la  lezione  evidentemente  errata 
del  ms.  :  m'irai.  Nella  Chrest.  corresse  m'ami.  La  prima  lezione  l'indusse 
a  mutare  nel  Les.  l' imperi",  volia  del  v.  142  nel  condiz.  volria. 

V.  151.  Il  la,  respinto  dal  Bartsch  nel  Lesebuch,  fu  restituito  nella  Chrest. 

v.  155.  Bartsch  :  puescam. 

V.  156.  L'ovvia  correzione  del  verso  è  dovuta  al  Bartsch. 

V.  160.  /'.v  espatz  lesse  il  Bartsch,  premettendovi  di  suo  un  &g  per  dare 
al  verso  il  numero  dovuto  di  sillabe,  e  interpretò  'loisir,  Musze',  si  che  il  \. 
intero  verrebbe  adire:  'potete  entrar  bene  per  vostro  diletto'.  L' Erdmanns- 
dòrffer  {l.cit.,  pag.  112)  derivò  qaeW  espatz  da  spatii  m  che  certo  non  ci  ha 
die  fare.  Nel  senso  datole  dal  Bartsch,  corrispondente  all'  italiano  'spasso,  spas- 
sare',  la  voce  non  e  registrata  dal  Baynouard ,  ne  dai  les-i,-i  del  Diez  e  ilei 
Eòrting  ;  dovrebb' essere,  in  ogni  modo,  un  espas.  Ma  intanto  par  che  il  ms. 
dica  esperai  z  {esgatz),  sebbene  il  segno  dell'abbreviatura  non  sia  ben  distinto  ; 
e  allora  sarà  da  intendere  'aspettato':  'potrete  entrare  aspettato,  come  aspet- 
tato'. Sul  valore  che  in  lai  modo  assume  il  /<<v,  corrispondente  al  tedesco  'als', 
basta  vedere  il  Raynouard,  ed  i  suoi  esempi  di  per  col  significato  di  'comme, 
de  mème  que,  en  qualità  de'.  Era  dei  resto  un  uso  comunissimo;  cfr.  DÌez, 
tir.,  so:;.  Tuttavia  solleva  difficoltà  la  costruzione  di  per  col  nominativo,  lì" 
sterebbe  allora  un'ultima  ipotesi:  intendere  /<<v  collegato  con  domneyar ,  e 
veder  nell'estate  qualche  corruzione  del  testo. 

v.  174.  Leggendo  rione  per  ii<> .  il  Bartsch  restituì  al  verso  la  sua  mi- 
sura. 

V.  180.  Si... era:  1' imperfetto  indicativo  in  funzione  di  imperfetto  con- 
giuntivo. Co-i  nel  domnejaire ,  v.  i"  :  Neis  si'm  donava tz  rumini  (JG).  Uso 
frequente,  ma,  a  sentire  il  Donai,  '  contra  gramatica':  'l'ero  lo  preteritz  non 
perfeiç  dei  couiuncliu  e-  semblans  al  preterii  non  perfeil  dei  indicatili  a  la  ven- 
gane, el  es  e, mira  tramatici,  si  cum  en  aquest  loc  :  S' eu  te  donava  mil  marcs 
srrins  in  mon  ir,,,!  ''  (E.  StesqeL,  />>r  betden  ûltesten  prooenzalischeiì  Grain- 
matihen,  Marburg,  1878,  pag.   IO 

\'.    192   --'-'.    Sono   tre    rime   in   -ni/:    più   che   un'  interi  ■ola/ione  ,    sospetterei 

una    lacuna. 


-    Hi)    - 

\  200,  Questa  focile  correzione  del  prosante  corron  In  futuro  fu  vieta  an- 
i  ne  dal  Bartach. 

\ .  •.•'.».  \    nota  al  \ 

V.S31.  Enpenrat  scrive  anche  il  Baruch  Della  Chrest.\  ma  Del  Lesebuch 
divine,  seguendo  il  ina.,  eri  perirai,  e  annotò:'£ri  bedeutel  iure:  hinweg,  fort. 
Gegen  •.  1 1  *  -  Zuuammenziehung  enpenral  i-^t  un  -irli  aichts  einzuwenden;  nur 
u  urde  die  li-,  warscheinlich  dann  emperal  geschrieben  haben,  wie  -misi  Immer, 
wahrend  aie  hier  Irennt:  feri  penray'.  Ma  alia  divisione  non  -i  può  dei'  peao: 
ni  quanto  ad  «  per  m  innanzi  a  labiale,  cfr,  \.  198  enpres,  v.  219  senblan. 

\  259.  Pessatz  de  /".'/;  v.  su  questa  costruzione  k.  Kó'cher,  Bettrag  :a,,i 
Gebrtmch  der  Fb'áp.  'de'  <rw  Provenzali- chen,  Marburg,  isss,  p,  30-1. 

\.  262.  Lassemamen  è  del  ois.  :  mania  al  verso  una  sillaba,  onde  ho  pro- 
posto eu  :  congettura  più  probabile  ili  quella  dei  Bartsch,  che  sostituì  al  sostan- 
do un  avverbio,  e  lesse  assenadamen,  'assennatamente',  voce  registrata  poi 
dal  Levj  oel  suo  Sappi.  Worterb.  come  unico  esempio  che  so  a' abbia,  il  Ray- 

DOUard  non  ha  clic  asma/  (I  198).  Ma  intanto  il  prov.  possiede  il  sostantivo 
asermament  iK.wn.  v,  208)  che,  con  gli  altri  significati,  vale  anche  'prepa- 
rativo', od  i  verbi  acesrna!r,  asermar,  assennar,  col  significato  di  'preparare' 
Rayn.  id.).  Il  Levj  registra  ancora  un  asemar,  che  gli  par  sia  da  mettere  ac- 
canto ad  acesmar,  aseimar;  i  verbi  moderni  assetona,  assema,  assenna  'di- 
sposer,  préparer,  apprêter'  ecc.  sono  registrati  dal  Mistral  (Lou  Trèsor  don 
Fèlibrige;  cfr.  il  fr.  acemer ,  acemmer  |<;odkfroy,  sotto  la  voce  acesmer]. 
A  questa  famiglia  credo  di  poter  ascrivere  il  nostro  assemamen,  conser- 
vando  intatta  la  lezione  di  R.  Della  più  antica  congettura  del  Bartsch  nel 
Lesebuch:  tot  vostr' essenhamen,  non  occorre  più  parlare,  dopo  che  l'autore 
medesimo  1'  ha  rinnegata. 

V.  -207.  Come  noi  corresse  il  Bartsch  nella  Chrest ,  mentre  nel  Lesebuch 
aveva  messo  innanzi  al  tan  del  ms.  un  ja. 

V.  301-2.  Sospetto  che  la  corruzione  del  testo  quale  apparisce  dalla  rima 
sia  qui  dovuta  ad  interpolazione;  una  lacuna  è  più  diflicilmente  ammissibile, 
perché  il  senso  corre  perfettamente,  Si  noti  il  parallelismo  delle  frasi  tan  can 
poiretz-tan  can  vìuretz,  e  come  il  senso  di  quest'  ultima  sia  già  espresso  nella 
prima  metà  del  verso  En  est  segle.  Leggerei  :  Dr  far  que  pros  tan  cani  ria, -et:-. 

11  Rayuouard  traduce  'de  faire  que  vous  soyez  preux';  ma  il  Galvani  os- 
serva -il  siate  non  lo  ritrovo,  e  il  sottintenderlo  mi  par  duro;  t'osse  quel  che 
uno  di  quelli  assoluti  che  valgono  quanto  alcun  die  di  ?'  Né  1'  uno  né  l'altro. 
Far  que  pros  vale  'agire  da  prode'. 


-    SI     - 

v.  305.  Il  Raynouard  volli'  Intendere  corrteu  coinè  'coursier'.  Anche  lo 
Cbabaneac  (ReoiM  de  languès  romanes,  IX  199)  spiega  un  correus  nella  can- 
aone  per  la  crociata  contro  gli  Albigesi  (v.  1536)  come  'coureurs,  coursiers'. 
CiV.  I.evt,  Suppl.  Worterb.  Lo  Chabaneau  aggiunge  che  questa  voce,  col  solo 
significato  ili  'coureur*,  esiste  ancora  in  Languedoc  courìou).  Invece  il  <;al- 
vani  intese  'corriere,  messo',  ed  anch'io  credo  questa  interpretazione  giusta: 
altrimenti  nella  conclusione  non  verrebbe  fatta  parola  del  pappagallo. 

Il  Galvani  poi  vede  a  sua  volta  nella  frase  cotn  filhs  de  rei  il  significato 
di  'beatamente,  tutto  lieto'.  Ma  perchè,  se  Antifanor  era  veramente  figlio  di 
re  (v.  13)?  Andrà  inteso,  semplicemente,  così  :  'A.  torna  veloce,  accompagnato, 
come  fìllio  di  re,  dal  suo  corriere. 

V.  306.  Ter  Carcasses  si  ha  anche  la  forma  Carcassei;  cfr.  Mila  v  Fon- 
rANALS,  op.  <-it..  pag.  181  (Bernart  Sicari  de  Marvejols).  Lo  stesso  accade  in 
altre  voci:  Francei,  Valei  Stimming  B.  de  /.'.,  xxvn,  29;  XVII,  44.  Difficil- 
mente si  tratta  ili  influsso  della  lingua  d' oil  ;  queste  voci  vanno  considerate  con 
gli  altri  casi  in  cui  il  Provenzale  perde  talvolta  -••>•  finale;  cfr.  Schultz,  op.  cit., 
pag.  78. 

V.  308.  Anche  qui  le  tre  rime  in  ar  provano  che  il  testo  è  corrotto,  forse 
per  la  caduta  di  un  verso  '.  Infatti  tra  il  v.  306  e  il  v.  308  manca  la  dipenden- 
za :  a  meno  che  non  si  voglia  intendere  che  i  prec  fatti  per  mantas  res  fos- 
sero anche  per  maritz  castiar.  Il  v.  caduto  doveva  riferirsi  pur  esso  al  line 
della  novella,  o  agli  altri  precxi 

V.  311.  Il  Kayx.  Lex.  l!n,,i.  IV  i96  spiega  :  'Qu'ils  les  laissent  à  lene  pen- 
sée allei--:  il  Bartscb  non  registra  questo  caso  nel  lessico.  Intenderei  piuttosto 
'piedi',  e  tutta  la  frase  in  senso  metaforico;  Me  lascino  andar  co' loro  piedi, 
in  libertà'.  Anche  il  curar  va  meglio  in  questo  senso,  il  Baitsch  nella  Chrest. 
corregge  laissen,  mentre  nel  Leseb.  aveva  conservata  la  lez.  del  m<. 

Continuazione  di  J. 

v.  i.  Qui,  meglio  ine  col  v.  precedente,  mi  sembra  chiuso  il  discorso  ilei 
pappagallo.  Diversamente  intese  lo  Stengel  ,  il  quale  congiunse  invece  questo 
verso  coi  racconto  che  segue. 

v.  ti.  È  ripetuto,  con  leggiera  modificazione,  il  v.  ::s  della  novella,  die 
nella  relazione  .!  Buona  Ni  es  dengutz  ,-,i  est  vergter\  cosi  il  \.  15  riproduce 
quasi  esattamente  il  \.  37  della  novella  .  ed  il  v.  55  di  questa  è  ricordalo  dal 
\ .  16  delia  continuazione. 

il 


-  82   - 

\     Ifl    i    irregolarità  della  il Ione  in  parlter ,  che  per  trovarsi  in  rima 

non  dà  luogo  a  corrosione,  m'Induce  a  mantener  lo  ite irroro  nel  \.  is  -v/. 

\  :.'  Lo8tengel  corregge  Quem  servati  e  fin  e  total.  Mutato  coaì  il  ver^ 
lui,  occorrerebbe  mutare  anche  il  pronome,  che  cosi  non  ha  significato.  Ma 
l'intera  congettura  può  venir  risparmiata,  leggendo  Bemplicemente  Que  me. 

\    vi.  />v  pos  per  betta  «  1  *  - 1  ms.  corresse  lo  Stengel. 

V.  37,  Jn  aggiunse  lo  Stengel  .1  e pietà r  la  misura  « I < - 1  verso. 

V.  IO.  Sull'uso  delle  due  preposizioni  per-a,  separate  da  altra  parola  in- 
nanai  ad  un  infinito,  cfr.  Diez,  <•'/■.,  p.  041. 

\     iv.  Tan  por  atta/»  del  ras.  lesse  lo  Stengel;  rosi  al  v.  13  e  al  v.  i6. 

\  51  Metricamente  l'aggiunta  ili  a  fatta  dallo  Stengel  non  è  necessaria, 
uve  m  consideri  eomiai  come  trisillabo.  Ma  la  lezione  a  pres  è  preferibile,  ve- 
nendosi a  stabilire  coiiu'  un  parallelo  sintattico  con  il  verbo  della  seguente  pro- 
posizione coordinata  :  et  d'itti  pregai. 

V,  60.  Don  man  ha  il  ms.,e  la  le/ione  fu  riprodotta  dallo  Stengel,  il  quale 
[poi  lesse  nel  verso  seguente  non  m"t  oblldes.  il  scuso  non  risulta  chiaro,  e 
mi  sembra  probabile  in  questo  luogo  una  corruzione  del  lesto. 

V.  64.   Vos  nella  stampa  dello  Stengel,  per  evidente  errore. 

L  0  1,1  a  ej  a  i  re. 

V.  1.  La  diversa  lezione  ili  J  si  spiega  col  Tatto  che  avendo  aggiunto  due 
parole  (Et-vos)  in  principio  del  verso,  è  stato  necessario  troncarlo;  e  questo  ha 
portata  con  sé  1'  alterazione  del  verso  seguente. 

V.  4.  Dopo  questo  verso,  lo  Stengel  ha  supposta  una  lacuna,  senza  ragione 
apparente.  Il  confronto  di  3  con  gli  altri  codici  mostra  che  lacuna  non  v'  è. 
Manca  invece,  in  seguito,  il  v.  10,  che  in  .1  è  stato  scambiato  e  fuso  col  v.  S. 

Pel  medesimo  v.  -1  clic  in  J  è  Et  serai  tostems  hobedien  lo  Stengel  ebbe 
a  proporre  la  correzione  1)' rsxer  t.  0.  ;  della  quale  non  si  avrà  più  bisogno 
dopo  aver  viste  le  altre  lezione 

V.  12.  Desfarai  suggerì  ,  e  bene,  lo  Stengel  per  rendere  al  verso  la  sua 
misura  :  ma  anche  qui  il  confronto  ci  là  restituire  la  lezione  che  ho  adottata. 

V.  30.  Lo  stesso  va  detto  per  la  congettura  ci,  che  ora  siamo  in  grado  di 
sostituire  col  pronome. 

V.  35.  Dato  il  Lucx  di  •'  ,  lo  Stengel  dovè  sanare  il  verso  restituendo  il 
jato  :  lo  e-:  jato  che  tolgono  di  mezzo  i  due  Luca  degli  altri  mss.  Così  leggendo 
covinen  al  v.  17  non  occorre  più  il  jato  que  a  suggerito  dalla  necessità  di  com- 
pletare il  verso  tronco  per  la  sostituzione  di  coven. 


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